“Cadiamo come mosche, serve una battaglia culturale e politica, subito”. E’ questo il grido di allarme che arriva dall’assemblea pubblica contro il femminicidio, organizzata nell’aula Sinibaldi dell’Ospedale Grossi di Ostia, una frazione di Roma, dall’associazione Punto D e dal coordinamento territoriale delle donne, dopo l’ennesimo caso di violenza di genere. Alessandra, Michela, Ilaria sono solo le ultime vittime in ordine di tempo. L’1 giugno il coordinamento promuove una marcia per puntare i riflettori su questa “emergenza sociale“, per la quale le associazioni chiedono un tempestivo intervento della politica, prima di tutto ratificando la Convenzione di Instabul che riconosce il reato di violenza domestica e di genere. C’è poi da intraprendere una battaglia culturale. “Bene l’idea della task force voluta dalle ministre, ma purtroppo Il patriarcato è dovunque – afferma Virginia Nieddu, medico e membro del coordinamento delle donne contro il femminicidio – anche nella testa delle donne, bisogna infondere il coraggio di denunciare e creare un contesto dove le leggi funzionino e i colpevoli siano realmente puniti” di Irene Buscemi
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