Alla fine è arrivato lo stop del Garante per la privacy. “Vietato divulgare e trattare ulteriormente il contenuto delle mail dei deputati del Movimento 5 Stelle“, è la decisione dell’autorità per la protezione dei dati personali. Non solo. La posta violata dovrà sparire. “Le testate giornalistiche, i siti web e chiunque detenga queste mail, per averle eventualmente scaricate – informa infatti una nota – dovrà provvedere a cancellarle, anche dai propri archivi”.
Il garante era già intervenuto nella vicenda, definendo l’intrusione nella posta privata del movimento “un fatto gravissimo”. Ora il provvedimento si è reso necessario in quanto “l’attività compiuta a danno dei deputati configura, innanzitutto, una grave violazione di un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione, quello alla segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni di ogni cittadino, aggravato in questo caso dal fatto che ad essere stata violata è la corrispondenza di membri del Parlamento, tutelati da specifiche disposizioni costituzionali”.
L’attività di quelli che si definiscono gli “hacker del Pd“, “oltre che una responsabilità di natura penale, il cui accertamento è già al vaglio dell’autorità giudiziaria, ha comportato una violazione del Codice privacy per quanto attiene a tutte le informazioni contenute nella corrispondenza che sono state diffuse all’insaputa e contro la volontà degli interessati, violando il principio generale in base al quale i dati personali dei cittadini devono essere trattati in modo lecito, secondo correttezza e raccolti e utilizzati per scopi legittimi”.
Prima vittima dei pirati informatici, la deputata Giulia Sarti. Poi Stefano Vignaroli, Massimiliano Bernini e Tancredi Turco. La richiesta dei sedicenti hacker del Pd è chiara: “Vogliamo che vengano resi pubblici i redditi e i patrimoni di Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo”. Altrimenti, settimana dopo settimana, il contenuto delle mail private verrà reso noto a tutti.
I colpevoli non si trovano e il Garante è corso ai ripari. “La vicenda ha determinato la lesione del diritto alla riservatezza non solo dei diretti interessati, cioè dei parlamentari intestatari degli indirizzi di posta elettronica – prodsegue la nota – ma anche di tutti coloro che sono entrati in contatto con essi tramite mail, nonchè eventualmente di terzi citati nelle comunicazioni”.
Alla luce di queste considerazioni, “l’illiceità della iniziale acquisizione delle comunicazioni e della successiva messa a disposizione delle stesse sul web – sottolinea l’Autorità – “estende i suoi effetti anche ai successivi trattamenti di dati, rendendo illecita ogni altra successiva operazione di raccolta, conservazione e ulteriore utilizzo degli stessi dati”.
Ed è proprio la prima a cadere nella rete dei pirati informatici, Giulia Sarti, a commentare la decisione del Garante: “Hanno fatto il loro lavoro“. Poi l’amarezza per la lentezza della giustizia sul caso. “Sarà un problema che affronterò in Commissione Giustizia – assicura la deputata stellata – Quando ti scontri con la burocrazia vigente ti rendi conto di tante cose: ho assistito a interventi inversamente proporzionali alla velocità della Rete, di cui gli hacker si servivano per colpirci. E la lentezza con cui ho fatto i conti non coinvolge solo vicende come la mia ma tanto altro, pensiamo ad esempio alle rogatorie”. In altre parole, “chi dovrebbe tutelare finisce per essere ingessato e io vorrei aprire un’ampia riflessione su questo”.