Oltre 300 parlamentari hanno aderito all'iniziativa, impegnandosi a modificare la norma sullo scambio elettorale politico-mafioso (articolo 416 ter) nei primi 100 giorni di insediamento dell’Aula. Oggi la riunione in Senato, per tentare di dare seguito alle promesse
“La corruzione è come la peste, dobbiamo fare in fretta”. Don Luigi Ciotti cita il cardinale Carlo Maria Martini per premere l’acceleratore della campagna anticorruzione “Riparte il futuro” promossa da Libera e Gruppo Abele. Gli oltre 300 parlamentari che hanno aderito, impegnandosi a modificare la norma sullo scambio elettorale politico-mafioso nei primi 100 giorni di insediamento dell’Aula, si sono riuniti oggi in Senato, per tentare di dare seguito alle promesse.
L’iniziativa digitale, la prima in Europa su questi temi, ha debuttato il 16 gennaio scorso e da allora ha raccolto il sostegno di oltre 200mila cittadini. Hanno aderito 898 candidati al parlamento e tra questi anche il presidente della Camera Laura Boldrini e del Senato Pietro Grasso, il primo ministro Enrico Letta, i ministri Maria Chiara Carrozza, Nunzia De Girolamo, Dario Franceschini, e il sottosegretario Jole Santelli.
Il partito che ha contato il maggior numero di partecipazioni è stato il Pd, con il 33% dei candidati, Sel con il 21,3%, Movimento5stelle con il 12,6%, seguiti da Rivoluzione Civile (12,3%), Fermare il declino (4,9%), Scelta Civica con Monti (4,7%), Fli (2,3%), Udc (1,7%), Centro democratico e Fratelli d’Italia (1,5%), Pdl (0,6%), Moderati Pli (0,4%), La Destra e Psi (0,2%), Lega Nord (0,1%).
Senatori e deputati che hanno aderito a “Riparte il futuro”, indossandone anche il simbolico “braccialetto bianco”, hanno accettato in fase elettorale di rendere trasparente la loro candidatura e hanno promesso, una volta eletti, di modificare la norma sullo scambio elettorale politico-mafioso (articolo 416 ter del codice penale). La campagna chiede infatti che la norma venga riformulata per allargarne l’applicazione: l’articolo 416 ter al momento considera solamente il denaro come termine dello scambio mentre invece, molto più spesso, il patto si basa su promesse di incarichi pubblici, posti di lavoro e informazioni da garantire ai clan presenti sul territorio.
“Pochi paesi dell’Unione Europea vivono il problema della corruzione in maniera così acuta come il nostro” fanno sapere gli organizzatori, riportando le considerazioni del rapporto Ocse sull’Italia presentato il 2 maggio scorso. Secondo le loro stime se fossero liberate le risorse sprecate ogni anno in corruzione – almeno 60 miliardi secondo la Corte dei Conti – il nostro paese potrebbe uscire dalla recessione. Basterebbero infatti 20 miliardi per coprire il costo degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, mobilità e indennità), poco meno di 4 miliardi per evitare l’Imu sulla prima casa, 14 miliardi per completare le opere fondamentali per il trasporto pubblico delle principali città italiane, 10 miliardi per la messa in sicurezza di tutti gli edifici scolastici, 2 miliardi e mezzo per il restauro idrogeologico dell’intera nazione e 3 miliardi per costruire 10 ospedali d’eccellenza.
Cifre che servono solo a dare un’idea della zavorra che la corruzione rappresenta per l’Italia. La situazione è nei fatti ulteriormente aggravata dalla contrazione degli investimenti stranieri, scoraggiati dalla scarsa affidabilità del nostro sistema paese agli occhi del mondo. Un dato su tutti: secondo Unctad, Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, l’afflusso medio di capitali stranieri in percentuale sul Pil tra il 2004 e il 2008 è stato dell’1,38% per l’Italia e del 3,88% per la Francia. Uno “spread” che corrisponde ad una cifra superiore ai 40 miliardi.