Il presidente della Commissione di vigilanza dei mercati parla di attenzione ai prodotti venduti dalle banche, ma la sua riorganizzazione sta di fatto esautorando l'ufficio preposto al monitoraggio degli stessi
Ricorda lo spread, parla di crisi, cita Tucidide – “è inutile accusare il passato più di quanto giovi al presente…” – dopo che in avvio aveva evocato persino Togliatti, il padre costituente che per primo propose all’assemblea il principio della “tutela del risparmio in tutte le sue forme”. Spazia un po’ ovunque il presidente della Consob, Giuseppe Vegas e alla fine incassa gli applausi di rito della platea. Eppure non convince, nemmeno un po’, nemmeno per un momento. Perché il suo discorso, pronunciato lunedì in occasione dell’incontro annuale con il mercato finanziario sarà valso pure la stretta di mano di Enrico Letta ma di certo non quella ideale dei risparmiatori. Ovvero di tutti coloro che si attendevano risposte credibili e che, al contrario, hanno ottenuto affermazioni strane, a volte vaghe, più spesso contraddittorie al limite del paradosso.
Prendiamo i sottoscrittori del famigerato bond convertendo della Banca Popolare di Milano (Bpm), quelli, per intenderci, che hanno perso in alcuni casi fino al 90% della somma investita. Vegas non li cita eppure sembra evocarli implicitamente quando, di fronte all’uditorio, ricorda come la Consob, “in occasione del collocamento di prodotti complessi” abbia fatto ricorso “con maggiore frequenza e incisività rispetto al passato anche allo strumento ispettivo” con “particolare attenzione ai criteri di profilatura degli investitori da parte degli intermediari”. La storia è datata 2009. La banca di Massimo Ponzellini concepisce il convertendo, la Consob, lo analizza e ne individua subito gli enormi rischi impliciti ovvero un’elevata probabilità di generare perdite significative. Il prodotto, è noto, finirà comunque alla clientela retail ma questa, in realtà, è un’altra storia, visto che per procedere al collocamento la banca modificherà in modo irregolare il profilo di rischio dei sottoscrittori all’insaputa di questi ultimi e della Consob stessa che, non a caso, sanzionerà tre dirigenti dell’istituto (che ad oggi fronteggia anche la class action dei risparmiatori. Un’esperienza importante di cui fare tesoro, dunque. Oppure no?
A ben vedere parrebbe proprio di no. La valutazione del bond convertendo, infatti, era stata resa possibile da un metodo di analisi basato sul principio dei cosiddetti “scenari di probabilità”. L’ufficio analisi quantitative, la divisione che si occupa di titoli complessi come derivati e affini, lo aveva elaborato applicandolo con successo proprio nel caso dell’operazione di Ponzellini e soci. Ma il sistema, che pure permette di individuare in anticipo i rischi impliciti di un investimento, non convince Vegas che, interpellato sull’argomento nell’audizione in Senato dello scorso 25 ottobre, definisce il metodo “in qualche caso, anche fallace”. Vegas, insomma, non si fida degli scenari probabilistici – possono “dare all’investitore un’ingannevole impressione di certezza, sulle future possibilità di guadagno, che può girare di segno ad ogni stormir di fronda” ha testualmente precisato a fine gennaio in un’intervista al Messaggero – ma forse ha imparato a fidarsi dei whistleblowers, gli informatori riservati utili “per individuare in modo più efficace e tempestivo le condotte illecite, permettendo alla Consob di venirne a conoscenza il prima possibile”. Come nel caso del Monte dei Paschi, ovviamente.
A proposito della quale non si può non notare l’invocazione di Vegas di “un contributo fondamentale da un costante confronto con le associazioni dei consumatori” oltre a ricordare la prossima sottoscrizione di un protocollo d’intesa per lo scambio informativo tra la Consob e la Procura della Repubblica di Roma. E questo nonostante la ben nota vicenda dell’esposto dei consumatori che per il caso senese sospettano di negligenza la vigilanza dei mercati.
Viene da chiedersi a questo punto cosa ne penserà il Codacons che la scorsa settimana si è presentato all’assemblea degli azionisti Mps annunciando il voto contrario al bilancio e presentando un esposto per false comunicazioni sociali. La contestazione riguarda le contabilizzazioni delle operazioni di ristrutturazione di Alexandria e Santorini, due swap del valore complessivo di circa 5 miliardi effettuati con Nomura e Deutsche Bank. Mps parla di Repo a lungo termine contabilizzate con un valore nominale rassicurante.
Secondo l’associazione dei consumatori si tratterebbe al contrario di operazioni in derivati che, standard contabili alla mano, implicherebbero l’iscrizione a bilancio con un valore di mercato decisamente diverso che evidenzierebbe una perdita compresa tra gli 1,5 e i 2 miliardi di euro (che aggraverebbe ulteriormente lo stato dei conti della banca sui cui, dal 2011, pesa la svalutazione dell’avviamento di Antonveneta). Chi ha ragione? Una risposta definitiva, ovviamente, potrebbe fornirla la Consob e magari, nello specifico, proprio l’ufficio analisi quantitative che è notoriamente specializzato nell’analisi di queste operazioni. Ma che, disgraziatamente, è stato anche svuotato di un ruolo attivo di monitoraggio con la riorganizzazione della stessa authority di vigilanza.