“Non è una vittoria del Brasile, nè di un gruppo di Paesi, ma di tutta l‘Organizzazione mondiale del commercio“. La prima a congratularsi con Roberto Azevedo per l’elezione alla direzione generale della World Trade Organization è la presidente, Dilma Rousseff. Azevedo l’ha spuntata sul messicano Herminio Blanco, dopo una selezione durata 4 mesi. Rousseff ha anche ringraziato “i governi di tutto il mondo” che hanno scelto il diplomatico brasiliano. Era stata proprio lei a lanciare la candidatura di Azevedo alla fine del 2012. Il 55enne, primo brasiliano alla guida del Wto, in carica per i prossimi 4 anni, succede così al francese Pascal Lamy.
Così il Brasile, che sta vivendo un momento di forte sviluppo e che dal 2003 ha assunto un ruolo centrale all’interno dell’organizzazione mondiale del commercio, conquista un altro importante palcoscenico sulla scena internazionale. Il Paese sudamericano è diventato uno dei grandi negoziatori all’interno del Wto assieme dell’Unione Europea, del Giappone, della Cina, dell’India, degli Usa e dell’Australia. Da allora ha infatti assunto la difesa dei Paesi in via di sviluppo, contrapponendosi a Stati Uniti e Unione europea, e guidando con l’India i cosiddetti G20, i Paesi di nuova industrializzazione.
Azavedo si insedierà al vertice dell’ organismo ginevrino solo il primo settembre. Primo obiettivo del nuovo direttore dovrà essere quello di sbloccare l’agenda di Doha sulla liberalizzazione degli scambi commerciali, ultima intesa raggiunta dalla Wto 2001, ancora a un punto morto dopo oltre un decennio a causa delle profonde divisioni tra Paesi del Nord e del Sud del mondo.
“Il sistema commerciale multilaterale è afflitto da una paralisi totale dei negoziati”, ha detto di recente, aggiungendo che “occorre rendere questo sistema compatibile con il mondo d’oggi, e il solo modo è incoraggiare il commercio e la liberalizzazione degli scambi rendendoli componenti essenziali delle politiche di sviluppo”. “A livello di negoziati – ha sottolineato – serve un direttore generale capace di riannodare le fila, dialogare con gli Stati membri e parlare con loro su un piano di uguaglianza”.