I dirigenti più propensi ad accettare bustarelle, secondo l'indice mondiale di Ernst&Young, sono gli sloveni, mentre i più leali sono gli svizzeri. Il nostro Paese ha un indice di corruttibilità pari al 60 per cento, oltre la media mondiale che è del 57 per cento
I manager italiani sono più corrotti di quelli polacchi o turchi. E’ il risultato di uno studio condotto da Ernst&Young e pubblicato dal quotidiano tedesco Die Welt. L’indice di corruttibilità dei dirigenti del nostro Paese è infatti al 60 per cento, oltre la media mondiale che è del 57 per cento. Il Paese meno corruttibile è la Svizzera con il 10 per cento di manager sensibili a tangenti, seguito da Finlandia, Svezia, Norvegia e Olanda.
L’Italia si posiziona quindi soltanto al quindiciesimo posto nella classifica, partendo dalle Nazioni più virtuose. Meglio di noi fa la Polonia, con un indice di corruttibilità del 59 per cento: un Paese che ha raggiunto la democrazia soltanto nel 1989, dopo cinquant’anni di comunismo. E meno corruttibili dei manager italiani sono anche i colleghi della Turchia, con il 55 per cento.
Il triste primato spetta invece alla Slovenia, che sta lottando con una crisi bancaria e di debito pubblico. Tra i Paesi con la classe dirigente più corrotta, insieme a quelli africani come Kenia e Nigeria, ci sono anche Ucraina e Serbia. Qualche posizione più in giù, prima dell’Italia, si piazzano invece le vittime principali della crisi europea: Portogallo, Grecia e Spagna.
Sorprende la posizione della Germania, che fa peggio della Francia con una quota di corruttibilità dei suoi manager del 30 per cento contro il 27 per cento dei francesi.