Da questa settimana, tutti i mercoledì, potrete leggere il Fatto Economico: quattro pagine di economia in più che arricchiscono il Fatto Quotidiano: notizie, inchieste, analisi, i ritratti dei personaggi da tenere d’occhio, sia quelli più noti sia le seconde file, più discrete ma sempre molto attive. Ma ci saranno anche racconti dell’economia reale, perché – per fortuna – non tutto il capitalismo italiano passa dai palazzi del potere, non sempre (anche se troppo spesso) le storie d’impresa sono anche storie di politica e malaffare.

Durante l’attuale crisi dell’editoria, che per certi aspetti pare irreversibile, i giornali stanno tagliando le pagine: visto che la pubblicità crolla, ridurre la foliazione è uno dei modi più semplici per abbassare i costi. Il Fatto, invece, aggiunge quattro pagine settimanali. Per due ragioni.

La prima è che la terribile recessione che stiamo attraversando è la grande sfida del nostro tempo. La politica è ormai, prima di tutto, governo dell’economia. La sfida della classe dirigente, ma anche del Paese nel suo insieme, è dimostrare che l’Italia sta cadendo per poi rialzarsi. E che non si tratta di un declino senza speranze di ripresa. Capire quello che succede è la premessa per prendere decisioni consapevoli, sia quando si vota sia quando si deve scegliere se indebitarsi, se comprare una casa o pagare un master all’estero ai figli, se continuare a cercare lavoro qua o emigrare.

Come ha spiegato Enrico Giovannini da presidente dell’Istat (ora è ministro del Welfare), durante le crisi cresce il bisogno di informazione economica, aumenta la sensibilità ai dati – che sono sempre “choc”, “record”, “dramma” – ma diventa più difficile capirli, valutarli razionalmente. E questa è la prima ragione per cui nasce il Fatto Economico. La seconda è che il Fatto Quotidiano ha una caratteristica unica in Italia: non ha azionisti ingombranti che si indispettiscono per quello che scriviamo, che telefonano per sollecitare o criticare. E abbiamo abbastanza lettori e abbonati, su carta e web, da non essere schiavi della pubblicità. Quindi possiamo scrivere nella più totale libertà. Questo ci ha permesso di denunciare piccoli e grandi scandali, dalle quotazioni in Borsa di Enel Green Power e Sea, penalizzanti per i piccoli azionisti, alle operazioni di Banca Intesa nei paradisi fiscali ai buchi di bilancio nascosti dal Monte dei Paschi di Siena, scoop che ha avuto le conseguenze che tutti conosciamo. Quando si è scoperto che uno dei più grossi inserzionisti pubblicitari italiani, Benetton, si era rifornito nella fabbrica del Bangladesh crollata, uccidendo 600 persone, sul Fatto lo avete letto. Controllate su altri giornali.

Vogliamo approfittare di questa libertà per raccontare meglio l’economia. Senza sconti, ma anche senza pregiudizi, come vedrete nella pagina delle idee che chiude il Fatto Economico. Ci vediamo mercoledì prossimo. E, se lo vorrete, tutti quelli seguenti.

Twitter @stefanofeltri

il Fatto Quotidiano, 8 Maggio 2013

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