Vi sono moltissime utili iniziative ed obiettivi per i quali si richiedono a gran voce risorse pubbliche, e sulla maggior parte di queste vi è addirittura accordo “bipartisan”, a causa della loro priorità ed importanza. Letta ha appena dichiarato che si dimette se ci saranno altri tagli alla cultura e alla ricerca. Ma di “grida” simili sono pieni telegiornali, blog e quant’altro.
Proviamo a fare un rozzo elenco delle spese irrinunciabili che vengono in mente. Ma è sicuramente incompleto, e non è in ordine di importanza.
Cassa integrazione in deroga (per proteggere i disoccupati)
Esodati (uno scandalo)
Debiti della pubblica amministrazione verso le imprese (che le fanno fanno fallire)
Cultura (musei, Pompei, musica e teatro ecc. Si rischia di far sparire interi settori)
Ricerca scientifica (per bloccare la fuga dei cervelli, e rendere il paese più competitivo)
Assistenza ai disabili (vari tipi, dai bambini agli anziani)
Protezione del territorio (sta franando)
Soldi per il trasporto pubblico (sennò molte imprese chiudono, in Italia ci sono deficit abissali)
Ricostruzione de L’Aquila e sostegno ai terremotati emiliani (un dovere nazionale)
Sostegno all’Expo di Milano (rilancia l’economia), ed in generale ad eventi simili (festival delle rane ecc.)
L’acqua pubblica (costa, sono previsti più di 50 miliardi solo di manutenzioni arretrate)
Poi ci sono ovviamente i capitoli maggiori di spesa pubblica, comuni a tutti i paesi sviluppati: pensioni, sanità, pubblica istruzione, difesa (compreso missioni all’estero e F35, un prodigio di “stealth, supersonic cruise, e Vtol”), infrastrutture (più o meno utili). Più discutibili, ma mai discussi, i sussidi all’agricoltura. Idem per le case popolari, più di 100.000 nella sola Lombardia.
I sostegni all’industria sono invece in discussione. Adesso è entrato sulla scena anche il “reddito di cittadinanza”, in varie forme, progetto sicuramente importante.
Come si è detto sono spese da molti condivise e condivisibili. I commenti aggiunti che appaiono qui sono fatti solo al fine di depistare il lettore dalle reali preferenze di chi scrive, evidenziando la molteplicità delle legittime opinioni. Nelle leggi finanziarie molti dei finanziamenti più discrezionali sono oggetto di quello che comunemente si chiama “assalto alla diligenza”.
E qui si evidenzia il problema maggiore di una pioggia di legittimi sussidi, che si dividono in “mille rivoli”. Gli economisti chiamano il fenomeno “cattura”. Esigenze sociali legittime, nel tempo diventano appannaggio sia di enti appositi (che spesso per sopravvivere consumano non poche risorse loro stessi), sia di sponsor politici che mirano ai voti, sia di gruppi sociali che fanno del sussidio una sorta di ragion d’essere, e garantiscono i voti ai politici di cui sopra.
A loro volta i politici fanno un’operazione nota agli economisti come “log rolling” (“far rotolare il tronco”): assicurano il supporto a un tipo di spesa in cambio della garanzia che poi saranno a loro volta supportati.
Una volta si diceva “bisogna scegliere tra burro e cannoni”, frase rozza ma significativa (e oggi i cannoni per fortuna sono diventati una quota modesta del totale).
Inoltre, un trentennio di crescita incontrollata della spesa pubblica, ha garantito sia burro che cannoni, cioè ha consentito di non scegliere. Oggi occorre scegliere, e questo è forse un bene in sé, indipendentemente dalla crisi.
Che fare? Sembrerebbe che una strategia possibile sia quella di semplificare molto il quadro, rendendo più trasparenti le alternative. E un modo per farlo è forse quello di lasciar più soldi nelle tasche dei cittadini (ovviamente di più a chi ne ha di meno, e viceversa), consentendo a loro direttamente di scegliere quel che gli serve di più, e di verificare altrettanto direttamente quanto i fornitori di servizi sono efficienti e onesti. Nel meccanismo attuale nessuno può verificare niente, i soldi piovono dall’alto, gli sprechi non si contano e non si controllano.
Il tutto, ovviamente, con una ragionevole gradualità: non si possono cancellare di colpo enormi burocrazie.
Ci sarebbe così gradatamente meno paternalismo (il politico che decide cosa è buono per il cittadino), e forse più concorrenza, che contribuirebbe a ridurre i costi ed ad aumentare la qualità, almeno in alcuni settori.