Musica

Vivere di musica nell’Italia degli anni Duemila

Riprende il nostro viaggio nel mondo della musica underground, quella dei nomi non ancora celebri, fatta da artisti che si autoproducono, che hanno tanto da dire ma non hanno la possibilità di farsi conoscere al grande pubblico. Oggi andiamo a conoscere Vincenzo Grieco, chitarrista romano che ha fatto della musica il suo mestiere: oltre a un’intensissima attività didattica in alcune scuole di Roma e a varie collaborazioni come turnista, è titolare e fondatore di due formazioni, Vincenzo Grieco & Valerio Mignogna acoustic guitar duo, un duo strumentale di chitarre acustiche con sonorità latin jazz e pop rock e la band rock blues “Vincenzo Grieco and T.H.E. Rome Blues Authority” il cui stile è ispirato al sound statunitense dei chitarristi e dei gruppi rock californiani anni 80. Considerando che in Italia i musicisti professionisti, di tutti i generi musicali, sono suddivisibili in tre fasce, 1-2% di musicisti dipendenti a tempo indeterminato tutelati (fondazioni, orchestra Rai), 3-4% di musicisti autonomi con grande potere contrattuale individuale (i cosiddetti big come Ligabue, Zucchero o Giorgia, ndr) e il restante 95% circa, rappresentato da musicisti professionisti intermittenti, privi di tutele, privi di rappresentanze e con un potere contrattuale nullo (dati tratti da “Musica indipendente in Italia” Ed. Zona di Chiara Caporicci) vivere di musica in Italia oggi è estremamente difficile. Ho chiesto a Vincenzo Grieco un parere in qualità di musicista-insegnante in quest’Italia degli anni Duemila.

In un suo scritto pubblicato postumo e intitolato “Lettere dalla Terra” Mark Twain, il creatore di Tom Sawyer, immagina l’Arcangelo Satana, appena cacciato da Dio sulla Terra, che invia 11 missive eretiche agli altri arcangeli in cui giudica l’Uomo “folle”, mettendone in risalto le contraddizioni. A un certo punto scrive: “Più o meno solo due uomini su 100 sono in grado di suonare uno strumento musicale e meno di quattro su cento hanno un minimo desiderio di imparare”. Tu oltre a essere un musicista sei anche un insegnante di musica. Se dovessi dare un giudizio sulla situazione musicale attuale in Italia, saresti come Twain tanto pessimista o credi che oggi la tendenza sia cambiata?
Hai detto una cosa importante, cioè partire dall’essere musicista per poi poter insegnare a esserlo. Nell’insegnamento è assolutamente necessario, oltre che dare nozioni teoriche e tecniche, raccontare il proprio percorso artistico e personale. Io credo che nella musica stia succedendo quello che succede più o meno in tutti gli ambiti della vita italiana, e magari trattandosi di un ambito artistico, la crisi è anche più amplificata. Nel passato l’Italia era all’avanguardia per la musica e per l’apprendimento della stessa. Tuttora siamo titolari di un mito; moltissimi studenti vengono da ogni parte del mondo per imparare la Lirica e la musica Classica in generale, in cui un tempo eccellevamo. Purtroppo se rimaniamo un paese “talentuoso” dal punto di vista musicale la maggior parte degli strumentisti è costretta a scappare in luoghi più ospitali come il Nord Europa od oltreoceano, dove le qualità musicali sono nettamente più apprezzate e quello del musicista è considerato un lavoro come un altro.

Quale è la prima causa scatenante?
La mancanza di investimenti, sia emotivi sia economici, e una lungimiranza insufficiente di chi si occupa di gestire la musica in ogni ambito, dal localino di musica live ai vari produttori delle major, hanno fatto sì che il finto mito dei “talent show” sia l’unica speranza per i cantanti; spesso questi giovani cantanti dopo un’apparizione televisiva sono pronti per un disco per poi, in maggioranza, sparire nell’oblio per totale mancanza di contenuti artistici. Dave Grohl, leader dei Foo Fighters diceva proprio una cosa del genere qualche giorno fa. Per continuare a parlare della criticità della situazione, con pochi se non addirittura inesistenti stimoli, i musicisti italiani in una condizione di difficoltà crescente hanno spesso considerato l’insegnamento come un ripiego, un modo per colmare gli spazi vuoti dell’attività musicale live e in studio, svilendo un po’ il significato fondamentale della comunicazione e dell’insegnamento della Musica. Io credo molto nell’insegnamento come “passaggio di testimone”; si insegna tecnica e passione ai giovani perché loro rielaborino originalmente la musica, perché si appassionino come me alla musica.

La passione è fondamentale.
Non è un mondo facile e senza la passione e l’impegno si rischia di affogare. Per questo si deve insegnare ai giovani, oltre alla tecnica, anche la passione. Senza la passione non si può diventare dei veri musicisti.

Da qualche tempo abbiamo a che fare con una certa “retromania” – il singolo “Get Lucky” dei Daft Punk che presumibilmente sarà il “tormentone dell’estate” ne è un esempio – un continuo volgere il proprio sguardo al passato. A quel che è già stato fatto prima di noi. C’è secondo te la possibilità, o almeno la speranza, in musica, di poter innovare?
Questo richiamare continuamente il passato è figlio della crisi. Se non hai stimoli cerchi un modo per “vincere facile”. Allora come nella cinematografia ultimamente assistiamo a un susseguirsi di remake anche nella musica, con continui rimandi al passato, e ormai le uniche icone del Rock rimangono i gruppi storici di 30 anni fa.

Torniamo a te. Mi parli del brano “Remembering Giorgio”, brano in cui metti in mostra le tue doti chitarristiche e che ho molto apprezzato? Come nasce? Cos’è che l’ha ispirato e cos’è che vorresti che chi l’ascolta recepisca?
Remembering Giorgio
è un brano dedicato al mio maestro Giorgio Mazza, purtroppo scomparso. In quel brano si può ascoltare una parte del mio background musicale, sopratutto rock/blues e smooth jazz. Le dinamiche discografiche di uno strumentista sono molto diverse da quelle di un cantante o di una band musicale. Io mi rivolgo a un pubblico di nicchia amante della chitarra, della musica “senza parole”.

C’è un chitarrista a cui ti ispiri? E se sì, perché e da che punto di vista?
Ho subito l’influenza di molti. Inizia con l’heavy Metal per poi andare al rock di Steve Vai, Van Halen e Hendrix al Blues di Vaughan fino al jazz di George Benson e al country di Brent Mason. Non ho ancora deciso “cosa fare da grande” ma sicuramente la mia ispirazione è di stampo “Nord Americano”.

Hai concerti in programma?
Ho alcune date con vari gruppi e il calendario è disponibile sul mio sito www.vincenzogrieco.it. La prossima data con i Rome Blues Authority è al Kristal di Rignano Flaminio venerdi 17 maggio, sfidiamo la superstizione per andare in un locale nuovo molto bello che sta proponendo musica di qualità. Proporremo un repertorio di cover Blues rock riarrangiate e poi qualche brano strumentale mio.