Protezionismo anacronistico? O giustificata difesa degli interessi nazionali? A Parigi il dibattito si è scatenato anche stavolta. Ma diciamo che il primo effetto tangibile della vicenda Dailymotion, il sito di condivisione di video, fratello minore di Youtube, è sotto gli occhi di tutti: il colosso americano Yahoo!, che era interessato a investirci un bel po’ di soldi, si è tirato indietro, almeno per il momento, dopo che esponenti del Governo francese hanno storto il naso sulla possibilità che la società finisse in mani straniere. Le polemiche non mancano: su un’opportunità perduta, in tempi davvero difficili.
Riepilogo delle puntate precedenti: Yahoo! si è fatto avanti per rilevare il 75% dell’azienda da chi ne controlla il 100%, France Télécom, l’operatore di telecomunicazioni, che ha ancora lo Stato francese come azionista di riferimento (il 27% del capitale). L’esecutivo, quindi, ha in effetti la sua parola da dire. Ma il dossier è finito nelle mani di Arnaud Montebourg, ministro del Risanamento produttivo, che vuole frenare quella deindustrializzazione, che è il principale male dell’economia francese di oggi. Montebourg è anche uno degli elementi più a sinistra del Governo. E si è opposto strenuamente all’operazione, che i manager di France Télécom stavano già portando avanti con successo. “Dailymotion è un’azienda che funziona – ha detto – e che si sviluppa. Creerà nuovi posti di lavoro: preferisco che questi vengano creati in Francia”.
Subito è scattata la ricerca di investitori autoctoni». E dalle voci che circolano negli ultimi giorni a Parigi ci sarebbe l’interesse di Vivendi e anche del trio di imprenditori (Xavier Niel, Matthieu Pigasse e Pierre Bergé), che già hanno salvato Le Monde. Ma né il primo, né i secondi sono intenzionati a investire in Dailymotion i 50 milioni di euro promessi da Yahoo!. Senza considerare che il gruppo avrebbe assicurato alla società francese lo sviluppo sul mercato americano, di cui ha bisogno. Nata nel 2005, al pari di Youtube, Dailymotion venne fondata a Parigi da due giovani intraprendenti, Benjamin Bejbaum e Olivier Poitrey, che hanno ricapitalizzato progressivamente la loro società facendo entrare nuovi soci, finché France Télécom, mediante la sua controllata Orange, ne ha conquistato il controllo. Attualmente ogni mese vi vengono scaricati 2,5 miliardi di video. Il sito è disponibile in una trentina di versioni differenti e in 16 lingue.
Cédric Tournay, amministratore delegato di Dailymotion, non ha nascosto la sua delusione. “E’ un peccato – ha detto – : Yahoo! voleva fare di noi la sua piattaforma di condivisione di video a livello globale”. Insomma, potevano diventare quello che Youtube è per Google, con la possibilità di salire nella classifica mondiale dei siti più frequentati (per il momento Dailymotion è al 31° posto). “Avremmo continuato a svilupparci in maniera autonoma, ma con altre prospettive”, ha aggiunto, precisando che sì, Dailymotion ha sede in Francia, ma ormai gli Usa rappresentano (con il 35% del fatturato) il primo mercato. Intanto, dal mondo anglosassone sono arrivate critiche pesanti alle autorità francesi. Secondo il New York Times, “il messaggio inviato dal ministro Montebourg è catastrofico. E cioè che ogni società francese che ha successo non possa essere acquisita da un’azienda straniera. E’ difficile capire quali interessi vitali avrebbe compromesso Yahoo! investendo in Dailymotion”. In effetti siamo lontani da settori produttivi sensibili come la difesa o, a limite, l’acciaio e l’auto. E ci troviamo in un business altamente globalizzato, davvero senza frontiere. Da parte sua il Governo francese sta ora cercando di placare gli animi. E Fleur Pellerin, responsabile dell’economia digitale, ha sottolineato che “Dailymotion non ha vocazione a restare franco-francese, ma la sua eventuale cessione deve essere equilibrata e preservare i posti di lavoro in Francia”. Quasi a indicare che Yahoo! non fosse il “cliente” ideale. Le sue parole, comunque, non sono riuscite a sedare le polemiche nel mondo del web francese, pieno di storie di successo come Dailymotion. E ora preoccupato che François Hollande e compagnia abbiano messo in fuga nuovi e possibili investitori.