L'Eurotower dichiara che una maggiore flessibilità dei salari e dell'occupazione rappresenta il primo passo verso la ripresa del mercato del lavoro. E annuncia un taglio delle stime sulla crescita dell'Eurogruppo, rivedendo in calo anche le previsioni sull'occupazione
I licenziamenti e i tagli agli stipendi degli italiani piacciono alla Banca centrale europea. “Di recente hanno cominciato a essere attuate riforme del mercato del lavoro intese a conseguire una maggiore flessibilità dei salari e dell’occupazione”, ha avvertito l’Eurotower nel bollettino mensile di maggio, sottolineando che “le riforme del mercato del lavoro in atto in Paesi come Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia contemplano alcuni importanti provvedimenti”.
Provvedimenti che, come ha sottolineato l’istituto di Francoforte presentando i risultati della Survey of professional forecasters, servono ad “accrescere la flessibilità delle strutture di negoziazione salariale e degli orari di lavoro, e a ridurre un’eccessiva tutela del posto di lavoro; rappresentano quindi i primi passi verso il miglioramento delle dinamiche del mercato del lavoro e della competitività in questi Paesi e nell’area dell’euro nel suo insieme”.
Le prospettive sulla crescita dell’Eurozona restano, tuttavia, negative. L’istituto, che ha segnalato come priorità il lavoro e in particolare l’occupazione giovanile, ha rivisto in peggio le stime per il 2013, dallo 0,0% al -0,4%, e per il 2014, dal +1,1% al +1%. Confermate invece le previsioni per il 2015, che restano a +1,6% e per il 2017 a +1,8%. La forte revisione apportata, si legge nella nota della banca centrale, è dovuta alla debolezza economica emersa tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013.
Peggiorano anche le previsioni sull’occupazione nella zona euro. Nel 2013, secondo le stime riportate nel bollettino mensile della Bce, il tasso di disoccupati sarà al 12,3% contro il 12,1% stimato in precedenza e nel 2014 al 12,2% rispetto all’11,9%, mentre nel 2015 all’11,6% contro il precedente 11,2%. La revisione al rialzo, spiegano gli economisti interpellati dalla banca centrale, è dovuta “soprattutto all’attività economica più debole del previsto, all’attuazione ritardata delle riforme strutturali dei mercati del lavoro nei Paesi colpiti dalla crisi e ai flussi crescenti dall’inattività all’occupazione, in seguito all’andamento sfavorevole del reddito disponibile delle famiglie”.