Settanta ettari di pannelli fotovoltaici all’interno di un’area protetta. Avete letto bene: sì, settanta ettari di pannelli fotovoltaici all’interno di un’area protetta. E non è una barzelletta, ma una terribile e concreta minaccia.
È una delle tante operazioni di questo stato italiano che è sempre più con le pezze al sedere, e sempre più distante dai cittadini.
Così ecco una bella pensata: dare in concessione l’equivalente di cento campi di calcio di demanio militare ormai dismesso da tempo ad una azienda tedesca che ci piazzerà pannelli fotovoltaici. Peccato però che quell’area sia appunto un parco della regione Piemonte, la Riserva Naturale Orientata della Vauda, e che l’area interessata sia un SIC, cioè un Sito di Importanza Comunitaria, miracolosamente salvatosi fino ad oggi da alterazioni del territorio, nonostante sia al confine con centri fortemente urbanizzati, proprio anche grazie al fatto che il terreno è per buona parte demaniale.
L’enormità dell’operazione, del tutto incurante della tutela del paesaggio dettata dall’art. 9 della Costituzione e solo mirante a fare business, ha smosso anche il Presidente della Provincia di Torino, non propriamente un’ambientalista, che ha rilasciato questa dichiarazione: “Comprendo le necessità del Ministero della Difesa di valorizzare e far rendere al massimo le sue proprietà in tutta Italia, ma pretendere di realizzare un grandissimo parco fotovoltaico consumando 70 ettari di terreno libero tra Lombardore e San Francesco al Campo ai bordi del parco della Vauda è inaccettabile. Mi chiedo e chiederò formalmente al Demanio perché non coprono di pannelli fotovoltaici i tetti delle centinaia e centinaia di caserme invece di occupare suolo libero. Sono fermamente contrario a questa operazione che devasta una delle ultime zone naturali libere del territorio”.
Ma quella di Saitta non è l’unica voce contraria. In zona il dissenso sta aumentando tra le amministrazioni comunali, le associazioni ambientaliste ed i semplici cittadini, che hanno creato un Movimento Spontaneo Canavesano.
Il Ministero della Difesa, sentendosi un po’ alle corde, in attesa di conoscere l’esito della Conferenza di Servizi, ha intanto avuto la bella pensata di mettere dei cartelli tutto intorno all’area interessata con cui si vieta l’ingresso, lo sfalcio dell’erba ed il pascolo, fino ad oggi invece praticati liberamente. Un divieto che, oltre a non far riferimento ad alcuna norma, non è motivato in alcun modo e si può ritenere di dubbia legittimità. Come ha detto un esponente del Movimento “il Ministero si comporta come quel bambino che si porta via il pallone perché non lo fanno giocare”.
Per la salvaguardia dell’area è in atto una sacrosanta raccolta firme.