All'assemblea in programma oggi partecipano anche Banca Etica e alcune associazIoni per porre la questione delle politiche di remunerazione dei vertici, dei casi di presunta corruzione e dell'inquinamento del delta del Niger
“Raccomandiamo di adottare politiche ispirate al massimo rigore e al contenimento nelle politiche di remunerazione”. L’anno scorso, all’assemblea di Eni, il rappresentante del ministero del Tesoro aveva parlato chiaro. Peccato che il colosso italiano del petrolio, controllato al 30% dallo stato tramite Cassa Depositi e Prestiti, continui a non sentirci. Le linee guida di politica retributiva per il 2013 sono infatti rimaste invariate “in stretta continuità con l’esercizio precedente”. Nel 2012 il direttore generale e amministratore delegato Paolo Scaroni ha portato a casa un totale di 6,347 milioni euro, un milione e mezzo in più rispetto al 2011, grazie a un compenso straordinario – deciso nel 2011 – pari a un milione di euro per “il significativo apporto professionale profuso nella realizzazione degli obiettivi aziendali”.
“Già l’anno scorso avevamo criticato il bonus di fine carica da un milione di euro conferito a Scaroni, per il quale era già prevista la conferma alla guida di Eni per altri tre anni”, spiega Andrea Baranes, presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica (Banca Etica), uno degli azionisti di Eni. “Quest’anno torneremo in assemblea per chiedere chiarimenti sulle politiche di remunerazione. Molti obiettivi appaiono generici e in alcuni casi arbitrari. Serve maggiore trasparenza”.
Nell’assemblea di Eni in programma oggi, la Fondazione insisterà anche sul caso di sospetta corruzione in Algeria che ha coinvolto Eni e la controllata Saipem all’inizio dell’anno. In base alle ricostruzioni della procura di Milano, il Gruppo Eni avrebbe pagato circa 198 milioni di euro a “faccendieri ed esponenti del governo algerino” per assicurarsi commesse – tra cui la costruzione di un gasdotto nel nord est del paese – dal 2006 al 2010. Parte del denaro sarebbe poi rientrata sui conti di alcuni manager italiani del gruppo. Uno degli aspetti più interessanti della vicenda – che vede indagato lo stesso Scaroni – è legato alla rendicontazione in bilancio delle presunte tangenti. Secondo la ricostruzione del giornalista del Sole 24 Ore Claudio Gatti apparirebbero nella relazione finanziaria annuale del Gruppo Eni come “compensi di intermediazione”. In effetti, sfogliando i bilanci consolidati di Eni si rilevano, nelle note illustrative, “compensi di mediazione” riferiti al settore Ingegneria & Costruzioni per 155 milioni di euro nel 2008, 37 milioni di euro nel 2007 e 39 milioni di euro nel 2006. Nel 2009 i compensi erano pari a 79 milioni di euro e nel 2010 a 26 milioni. Cifre che, secondo Eni, sarebbero però sotto la competenza e la responsabilità di Saipem, la società – controllata al 43% – che costruisce infrastrutture per il settore oil & gas. Saipem ha “autonomia operativa” e sistemi di controllo aziendali propri, ha precisato Eni. La capogruppo, quindi, non c’entra.
“La posizione di Eni è preoccupante”, continua Baranes. “Il coinvolgimento in casi di corruzione può costare caro sia in termini di reputazione sia dal punto di vista finanziario. Il patteggiamento su un precedente caso di corruzione in Nigeria è costato a Eni 365 milioni di dollari. Considerati i rischi che si possono correre, è impensabile che Eni non effettui una diligence sui compensi di intermediazione corrisposti dalla controllata Saipem e sulle società e gli individui a cui vengono corrisposti“.
All’assemblea parteciperanno anche l’associazione Re:Common – che tornerà sui casi di presunta corruzione in Nigeria, Iraq e Kazakhstan – Amnesty International Italia, il cui intervento si concentrerà sul gas flaring e l’inquinamento del delta del Niger e l’organizzazione inglese Global Witness, che ha recentemente sollevato un caso di sospetto coinvolgimento di Eni e Shell in operazioni controverse per l’acquisto del blocco petrolifero OPL 245 in Nigeria nel 2011. Le associazioni, in collaborazione con Fondazione Banca Etica hanno inviato una trentina di domande prima dell’assemblea alle quali Eni ha risposto, pubblicando un documento online.
La diretta twitter dell’assemblea potrà essere seguita dalle 10 su @meggio_m e @lucamanes. Hashtag #Eni e #NigerDelta.
Riceviamo e pubblichiamo la seguente precisazione dell’ufficio stampa dell’Eni:
Gentile Direttore,
in merito all’articolo pubblicato sul sito del Fatto Quotidiano a firma di Mauro Meggiolaro, ci preme ricordare quanto segue.
Eni ha una partecipazione di maggioranza relativa in Saipem (pari a poco meno del 43%), che determina un controllo di fatto sulla società con il relativo consolidamento in bilancio. Tuttavia, essendo Saipem società quotata e controparte contrattuale, oltre che di Eni, anche e soprattutto dei suoi principali concorrenti internazionali, deve essere garantita a Saipem la massima autonomia gestionale e operativa. Il Cda di Saipem è composto in misura maggioritaria da consiglieri indipendenti, solo uno dei 9 componenti è dipendente Eni. Inoltre, a norma di legge, il Presidente del Collegio Sindacale e il Presidente del comitato di controllo e rischi di Saipem sono nominati dal Consiglio di Amministrazione della società tra i consiglieri designati dagli azionisti di minoranza (diversi da Eni), a ulteriore garanzia dell’autonomia della società anche per le attività di vigilanza e controllo interno. Inoltre Saipem ha una struttura autonoma di internal audit e un organismo autonomo di vigilanza 231, presieduto da un membro esterno scelto dal suo Consiglio di Amministrazione.
In tal senso Eni ha poteri di verifica e indagine su Saipem limitati dal fatto che si tratta di società quotata autonoma e sua controparte commerciale. Eni fa affidamento sulle attività di verifica degli organi di controllo e vigilanza indipendenti ed autonomi di Saipem.
A fine novembre scorso, non appena avuto notizia dei fatti specifici sotto indagine e in particolare dell’esistenza di un contratto di intermediazione relativo alle attività Saipem in Algeria, Eni ha raccomandato a Saipem, nei limiti possibili in quanto società quotata, di adottare immediate discontinuità gestionali ed organizzative e di avviare immediate verifiche interne, anche su come hanno funzionato i suoi presidi di controllo. Successivamente, come noto, diversi manager Saipem o ex Saipem hanno lasciato la propria posizione lavorativa.
Se risulterà che Saipem ha commesso condotte illecite, Eni, in quanto azionista di maggioranza relativo che ne consolidata i conti in bilancio, sarà parte lesa dalle predette condotte.
Confido, per completezza di informazione, nella pubblicazione di questa nostra posizione.
Cordialmente
Erika Mandraffino
Ringraziamo e prendiamo atto della precisazione di Eni. Ci preme
sottolineare che lo stesso direttore generale e amministratore
delegato di Eni Paolo Scaroni – nel corso dell’assemblea degli
azionisti di venerdì 10 maggio – ha ammesso che esiste una sorta di
contraddizione tra la partecipazione in Saipem di Eni (che come capogruppo ha un ruolo di direzione e coordinamento su Saipem) e l’indipendenza e l’autonomia della stessa Saipem. Eni – sempre secondo Scaroni – sarebbe pronta ad esaminare soluzioni, anche se non nel breve periodo.
Mauro Meggiolaro