La democrazia è un processo di apprendimento durante il quale si creano democratici. Se non si comprende ciò, la democrazia continuerà a sembrare perpetuamente inefficiente.
Per la prima volta dal 1947 l’Italia ha una coalizione in cui la sinistra e la destra collaborano. Questo è un segno evidente di quanto sia seria la situazione. Il tentativo di formare un governo di centro-sinistra è fallito e adesso tocca insieme alla sinistra e alla destra rimettere in riga l’Italia. Se questo avverrà, o se potrà mai avvenire, lo scopriremo nei prossimi mesi.
Oggi è necessario rivolgere lo sguardo al passato. Le decisioni fondamentali per la nascita di un’Italia democratica furono prese insieme dai due partiti più forti dell’epoca – la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista – dopo la Seconda Guerra Mondiale, come noto, un po’ prima che in Germania. Nonostante le profonde divergenze tra i due partiti, l’antagonismo e la comune esperienza di lotta contro il fascismo giocarono un ruolo fondamentale in questa collaborazione.
Con l’inizio della Guerra Fredda, i Cristiano Democratici italiani – che allora come nei decenni successivi dichiaravano che il Partito Comunista voleva imitare l’Unione Sovietica invece di pensare al bene dell’Italia – si piegarono alle pressioni degli Usa, scacciando nel maggio del 1947 sia i Comunisti che i Socialisti dal governo di unità nazionale antifascista formatasi nell’aprile del 1944. Questo fu probabilmente un bene per l’Italia di allora, che come membro della comunità occidentale poté ottenere gli aiuti del Marshall Plan e svilupparsi economicamente.
Il prezzo da pagare per il paese fu però fin troppo alto. La penisola si divise tra comunismo e anticomunismo. Per decenni i principali interessi dei governi italiani furono due: far arricchire le rispettive clientele elettorali e impedire che i comunisti prendessero parte al governo. Quest’ultimo fine divenne sempre più arduo, non solo perché gli ostinati stalinisti – basti pensare a “Peppone” – dimostrarono ben presto di sapere governare tanto i piccoli borghi, quanto le grosse città, ma anche perché il Partito Comunista italiano andò sempre più distaccandosi dalla linea ideologica di Mosca.
L’esclusione dei Comunisti dal governo
Per molti anni – sebbene un terzo dell’elettorato italiano continuasse a votarli – i comunisti non furono mai inclusi in un governo. Perché ciò avvenisse, la Democrazia Cristiana sembrò impiegare ogni mezzo. Fino a che punto i servizi segreti furono coinvolti nell’assassinio del leader Dc Aldo Moro, che si batté per un’apertura verso il Pci, è una questione che ancora oggi desta opinioni molto divergenti.
Si può capire l’atteggiamento degli italiani verso la politica e i politici solo se si tiene presente il seguente fatto: per più di mezzo secolo la democrazia italiana ha tagliato circa un terzo della popolazione votante fuori dalla politica che conta. Il Partito Comunista ha avuto moltissimi deputati e moltissimi senatori, ma in tutti quegli anni non ha mai avuto nemmeno un singolo ministro in un gabinetto di governo. L’Italia è un esempio tipico di come si depoliticizza un popolo. La democrazia non è “il risultato che si ottiene.” La democrazia sta nel “come” esso si ottiene.
Alla fine la politica dell’esclusione non ha solo distrutto il panorama partitico italiano, ma anche l’Italia. Il paese è divenuto bottino di un Silvio Berlusconi spinto verso l’alto dal leader socialista Bettino Craxi. Dopo la caduta del comunismo e il distacco del Pci dall’ideologia comunista, Berlusconi è riuscito per decenni a vincere le elezioni utilizzando una propaganda che univa ad impetuose nozze la bellicosa retorica anticomunista degli anni 50’ con il consumismo sessuale degli anni 90’.
Lui è sempre là, ma forse nel frattempo l’Italia e l’Europa hanno capito che un paese democratico non si può governare a lungo contro gli interessi di una grossa fetta di popolazione. La democrazia è un processo di apprendimento durante il quale si creano democratici. Se non si comprende ciò, la democrazia continuerà a sembrare perpetuamente inefficiente. Senza di essa però gli arraffoni la fanno da padroni e questo conduce di sicuro – vedi l’Italia di Berlusconi – alla catastrofe.
Articolo originale di Arno Widmann apparso su Frankfurter Rundschau
Tradotto da Stefano Salustri e Claudia Marruccelli per Italiadallestero.info