Dal capoluogo delle sconfitte fino all'Irpinia di De Mita. "Che bluff, anche i giovani turchi sono finiti al governo". Gennaro Acampora, studente di Economia: "La cosa che fa più male è che la gente ci considera tutti uguali, ma io non sono nè Cesaro, nè Nitto Palma"
Dalla Napoli delle amare sconfitte alle colline del feudo mastelliano di Ceppaloni, fino all’Irpinia dell’eterno De Mita, passando per Pontecagnano (Salerno), dove le ultime speranze del Pd sono affidate a ragazzi che non hanno ancora spento 30 candeline. È il viaggio in quella base del partito che, teme Fabrizio Barca, sta letteralmente impazzendo. Ragazze e ragazzi che credono ancora nella politica, fanno campagna elettorale, attaccano manifesti, animano blog, partecipano a riunioni, investono il loro tempo gratis.
Gente che quelli di Roma hanno messo nel frullatore del governissimo con Berlusconi, Alfano e Micciché. È un viaggio dei “pazzi” che non poteva che iniziare da un vicolo stretto al centro della città di Napoli, via dei Fiorentini: qui c’era il Cremlino partenopeo, la Federazione del Partito comunista. Un pezzo di storia. Da queste stanze sono passati personaggi come Salvatore Cacciapuoti, operaio antifascista, “0uomo di marmo” (sei anni di carcere speciale fascista) e combattente delle Quattro giornate, poi Giorgio ‘o chiatto (Amendola) e Giorgio ‘o sicco (Napolitano), Abdon Alinovi, Maurizio Valenzi (primo sindaco comunista di Napoli), e un giovane operaista di nome Antonio Bassolino. Scontri epici tra “miglioristi” e “ingraiani”. Un secolo fa. “Quando passavo da queste parti da piccolo mio padre mi diceva guarda, qui c’è il partito, con la P maiuscola”.
Gennaro Acampora, studente di Economia di 26 anni e regolare tessera del Pd in tasca, per un attimo si abbandona ai ricordi. In via dei Fiorentini il partito non c’è più, al suo posto un albergo a tre stelle, un garage e un bar tavola calda (pizze fritte e babà alla crema). Triste metafora dei tempi. “Tempi di delusione e rabbia. Nitto Palma alla commissione Giustizia, l’uomo che volle Gigino Cesaro, ’a purpetta, capolista del Pdl a Napoli. Un atto vergognoso nei confronti di iscritti ed elettori del Pd napoletano”. Gennaro è consigliere della Municipalità Arena San Carlo, quella che comprende la Sanità, il rione di Totò. “Abbiamo tradito gli elettori, il mai con Berlusconi è stato stracciato in pochi secondi e la base, quella che fa vivere il partito, è stata tenuta fuori da tutto. La cosa che fa più male è che la gente ci considera tutti uguali, ma io non sono né Cesaro, né Nitto Palma”.
“Il Pd è diviso per potentati, dominato dai personalismi esasperati dei soliti baroni che della crescita del partito se ne fottono, perché per loro l’importante è controllare pezzi di potere”. Massimo Donise, 45 anni, geometra, è il segretario del Pd di Ceppaloni, paese noto per l’aglianico e per Clemente Mastella e signora. Il partito anche qui è a pezzi, si vota per le comunali e i democrat non sono stati in grado di presentare una lista. “Ci sono solo il Pdl e una civica controllata dai mastelliani”.
Roberta D’Amico, diciottenne all’ultimo anno di liceo, è invece in piena campagna elettorale. A Pontecagnano, pianura salernitana, si vota. “Sono candidata in una lista di trentenni”. La città è governata da un boss del Pdl in rotta col partito, Ernesto Sica, già coinvolto in una brutta storia di dossier contro il governatore della Campania Caldoro. “La battaglia non ci spaventa – dice con la forza dei suoi diciotto anni Roberta – ho iniziato a fare politica per la storia di Peppino Impastato. Il Pd si sta suicidando? Non credo, i dinosauri lo stanno affondando con scelte sbagliate che paghiamo noi, con le correnti che ci tolgono il respiro. Sono loro che devono andar via, noi non lasceremo il Pd”.
Nelle stanze del circolo di Serino, sulle montagne irpine, c’è la foto di Enrico Berlinguer che sorride, qui c’era la sezione del Pci. Marcello Rocco, 27 anni, è il segretario in perenne rottura con in vertici provinciali, regionali e nazionali del partito. “Anna Finocchiaro o uno di questi segretari senza un congresso, senza primarie, allora è davvero la fine. Ci hanno raccontato la favola che Rodotà divideva, cosa ci unisce, Berlusconi? Ma anche i giovani turchi sono stati un bluff, è bastato offrirgli qualche posto da sottosegretario per placarli”. Pochi chilometri più giù a valle, ad Avellino città, si vota per eleggere sindaco e consiglio comunale. L’ex sindaco Pd, bocciato alle primarie per il Parlamento, ora capeggia una lista di appoggio al Pdl. Il fu partito di Bersani, invece, ha presentato una lista incompleta. Troppe divisioni sul nome del candidato sindaco, l’ex direttore dell’Unione costruttori. Dalle colline di Nusco, Ciriaco De Mita sta a guardare in attesa di riprendersi la città con un suo uomo.
“La verità – riflette con amarezza Carmine Schettino, militante sotto i trent’anni – è che il Pd non esiste, da una parte ex Dc dominati da Nicola Mancino, dall’altra ex comunisti. Tutti non vedevano l’ora di diventare demitiani, nella cultura politica e nel modo di gestire il potere. Aspettiamo i congressi e decideremo se restare o andar via”. “Siamo all’auto-distruzione”, parla Pier Gaetano Fulco, 26 anni, militante di Caserta. “Moriremo democristiani, da Marx siamo passati a Cencelli. E ora cosa racconto a quei giovani dai 14 ai trent’anni che si sono avvicinati a noi solo perché speravano in una Italia migliore?”.
Da Il Fatto Quotidiano del 9 maggio 2013