Politica

Il Partito democratico che meritiamo. Appunti di viaggio verso il Congresso

Anticipo il documento che sto inviando in queste ore a tutti i democratici “di buona volontà”. Sono in realtà delle istruzioni per l’uso per un congresso aperto e per ridare acqua alle radici del Partito Democratico.

1. Premessa

A coloro che mi chiedono perché sono ancora dentro il PD, rispondo con un’altra domanda: “Cosa ci fate voi ancora fuori dal PD”? Io sono una nativa del PD e ho contribuito a scriverne lo Statuto. Non porterò le mie idee da un’altra parte, perché il PD è la mia casa. Al contrario voglio aprire le porte e finestre di questa casa alle persone che hanno le mie idee,ma che oggi non si sentono rappresentate; alle persone che ci hanno creduto, ma che ora si stanno allontanando.

Io nel PD ci credo e lo voglio cambiare. Le ragioni sono quelle che provengono dai nostri elettori negli incontri di questi giorni, nelle lettere e nelle mail che ricevo quotidianamente. Dobbiamo interrogarci su quanto accaduto negli ultimi mesi, sui milioni di voti che abbiamo perduto e soprattutto le speranze che abbiamo tradito.

2. Gli elettori

In queste settimane gli elettori del PD sono giustamente arrabbiati. Non mi risulta che qualcuno abbia chiesto loro scusa. Lo dobbiamo fare aprendo l’assemblea nazionale dell’11 maggio a Roma.

Il vincolo di mandato, anche se non è previsto dalla Costituzione, rappresenta comunque un dovere morale. Questo vincolo molti parlamentari del PD lo hanno tradito dopo le elezioni, pensando di poter percorrere strade diverse da quelle promesse in campagna elettorale. Abbiamo disatteso il contenuto della Carta d’intenti e vanificato le attese di oltre tre milioni di elettori delle primarie del 25 novembre 2012.

Lo spettacolo indecoroso offerto in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica e l’affossamento della candidatura di Romano Prodi, hanno reso palesi le divisioni interne. Non dobbiamo stancarci di chiedere i nomi dei 101 “traditori”, non si fa strada insieme se chi cammina al tuo fianco non è leale. 

3. Il governo Letta e il Parlamento

Avevamo promesso un governo di cambiamento. L’esito infausto delle elezioni avrebbe giustificato o un governo sostenuto anche dal Movimento 5 Stelle o almeno un governo di scopo. Siamo andati in un’altra direzione, quella di un governo di larghe intese con il Pdl e Scelta civica. È un passaggio che è avvenuto senza un dibattito interno, eppure nelle prossime settimane saremo chiamati a spiegarlo agli elettori e negli incontri sul territorio. Non possiamo fare finta che nulla sia accaduto.

La guida del governo e affidata al vicesegretario Enrico Letta, ma dobbiamo distinguere l’azione dell’esecutivo da quella del Parlamento. Alla responsabilità che abbiamo verso il Paese, dobbiamo affiancare la lealtà verso i nostri elettori. Direi verso le nostre idee.

I gruppi del PD alla Camera e al Senato devono pertanto rivendicare la loro autonomia legislativa e lavorare nelle commissioni e in aula a quei provvedimenti che avevamo promesso in campagna elettorale. Sulle singole leggi si possono e si devono trovare maggioranze variabili e trasversali.

4. Le idee del PD al servizio del Paese

La missione del PD, anche in questa difficile fase, non può essere disgiunta dalle idee portanti che lo hanno fatto nascere. Dobbiamo cogliere le opportunità di un’evoluzione reale verso un’altra idea di Paese e di società. Un’idea che è alternativa a quella del centrodestra, il programma del PD per i prossimi anni non può essere quello del governo Letta. Deve essere quello che potremo e dovremo realizzare una volta terminata l’esperienza di questo governo.

Il primo punto deve essere quello del lavoro. Bisogna dare una prospettiva concreta al mondo del lavoro, da una parte riducendo l’enorme cuneo fiscale, dall’altra mettendo in moto quei meccanismi virtuosi che da soli possono innescare la creazione di nuovi posti, a partire dall’istruzione pubblica, il recupero della bellezza del Paese, passando per la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica.

È da perseguire un altro modello di sviluppo, un green new deal – il medesimo del Partito socialista francese e del Partito socialdemocratico tedesco – basato sulla green economy e il rispetto e la valorizzazione delle risorse ambientali e culturali. 

Il Paese chiede un fisco più equo, la riforma della Pubblica amministrazione, la riduzione della burocrazia, una giustizia civile e penale finalmente rapida e giusta. Chiede legalità e trasparenza e una lotta senza quartiere alla corruzione e alle mafie.

Serve riaprire una nuova stagione per i diritti civili, per i diritti che riguardano le persone: il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto (etero e omosessuali), il testamento biologico, la cittadinanza agli stranieri che nascono in Italia (ius soli), la revisione della legge sulla fecondazione assistita, una norma rigorosa contro l’omofobia, una legge per combattere la violenza contro le donne, provvedimenti per una effettiva parità di genere.

Sui costi della politica dobbiamo fare di più, eliminando ogni tipo di privilegio, dimezzando il numero dei parlamentari e le indennità di chi ha ruoli pubblici, uniformandole da regione a regione, riducendo i rimborsi elettorali ai partiti, abolendo le Province.

Ultima, ma non ultima, la riforma di una legge elettorale indegna di un Paese civile. La nostra proposta, il doppio turno di collegio, già esiste.

Si tratta di un programma minimo, di un programma aperto. Ne parliamo da anni. Ora bisogna attuarlo. Ci sono punti che possiamo realizzare anche con l’attuale governo. Ma ci sono punti che connotano un partito che vuole e deve essere progressista e riformista. 

5. Il Partito Democratico e la società civile

Il PD non appartiene né ai dirigenti, né agli eletti: appartiene a quella che in maniera impropria viene definita la “base”. Gli iscritti, coloro che una volta si chiamavano militanti, sono la parte più preziosa del PD. In questa fase l’unica scissione di cui dobbiamo preoccuparci è quella tra i dirigenti e gli eletti da una parte e gli iscritti (ed elettori) dall’altra.

I circoli del PD in questi anni sono stati lasciati da soli. Devono essere aiutati dai livelli superiori (regionale e provinciale) fornendo sostegno in termini economici e di risorse umane per la formazione, la comunicazione, le iniziative sul territorio. Gli eletti (parlamentari, consiglieri regionali, provinciali e comunali) hanno il dovere di mantenere un legame con i circoli e di garantire una presenza costante sul territorio, rifuggendo da pratiche feudali.

Esiste un difetto di comunicazione a tutti i livelli, dal nazionale al locale. Lo abbiamo verificato drammaticamente nell’ultima campagna elettorale e ne abbiamo pagato le conseguenze. La comunicazione, pur nel rispetto del pluralismo e delle idee di ciascuno, deve essere univoca rispetto alle decisioni assunte dagli organi dirigenti.

L’attenzione sulla forma partito e sulla sua organizzazione non deve però farci perdere di vista la continua dialettica con i corpi intermedi, le associazioni di categoria, i sindacati, gli amministratori locali, i portatori di interessi collettivi, i comitati e la società civile non organizzata. Dobbiamo rinvigorire il rapporto con quei mondi che non ci riconoscono più come degli interlocutori.

6. Le primarie

Lo strumento delle primarie, che fin dalla sua nascita caratterizza il Partito Democratico, è la nostra caratteristica principale. Quella che ci ha fatto amare, deve essere mantenuto a tutti i livelli. Si tratta di un valore aggiunto del nostro partito, di un dato acquisito che nel corso del tempo ha consentito di aumentare la partecipazione e la mobilitazione di ampi settori della società civile. Su questo tema non possiamo tornare indietro.

Le primarie per la scelta del segretario nazionale devono essere aperte a tutti gli elettori e simpatizzanti del PD.

Le primarie per la scelta del candidato premier devono essere aperte a tutti gli elettori e simpatizzanti che si riconoscono nei valori del centrosinistra. Va comunque modificato l’art. 18 dello Statuto e tolto l’automatismo – non la possibilità – che prevede che il segretario del PD sia candidato alla premiership.

Le primarie per la scelta dei parlamentari vanno mantenute e devono essere liberate dai condizionamenti dell’apparato del partito. È necessario procedere alla loro regolamentazione non appena sarà riformata la legge elettorale.

A livello locale (Regioni, Province, Comuni) le primarie devono essere regolamentate in maniera chiara come già previsto dall’art. 18 dello Statuto.

7. Verso il congresso, verso un nuovo PD

Voglio un congresso aperto. Senza inutili rincorse al tesseramento funzionali solo a governare lo stesso congresso. Con regole chiare e trasparenti. Il prossimo segretario del Partito Democratico deve essere scelto non solo dagli iscritti, ma anche dagli elettori e simpatizzanti del PD, attraverso lo strumento delle primarie. Aperto significa che il congresso non dobbiamo celebrarlo nelle segrete stanze, ma facendo entrare nei circoli quei pezzi della società civile che ci possono “contaminare” in maniera positiva, recuperando lo spirito originario . Chiudersi ora, significa avere paura del futuro.

Voglio un congresso in cui non si confrontino gli uomini contro le donne, i vecchi contro i giovani, i conservatori contro i progressisti, i cattolici contro i laici, la destra del PD contro la sinistra del PD, la DC contro il PCI, la Margherita contro i DS. Voglio semplicemente un congresso del Partito Democratico. Ciò che vorrei se fossi una semplice iscritta.

Voglio un congresso in cui si confrontino visioni politiche, intelligenze e idee. Senza candidati finti o predestinati e senza tesi precostituite o mozioni a tema.

Voglio un congresso costituente capace di eleggere e di legittimare un segretario forte e in grado di prendere per mano un partito che deve essere rifondato su basi nuove.