Linda Rando giudicata "colpevole" per i contenuti inseriti dagli utenti sul suo forum online. "Ricorreremo in appello - spiega - anche perché sono convinta di non dover pagare per le parole pronunciate o scritte da una terza persona, che non è nemmeno stata chiamata in causa nel processo”
La disponibilità dell’amministrazione di un sito internet rende l’amministratore responsabile di tutti i contenuti accessibili dalla Rete, inclusi quelli inseriti da altri utenti. E poco importa se vi sia o meno una forma di filtro, perché in un caso o nell’altro i contenuti si considerano comunque approvati del titolare del sito internet. È seguendo questo principio che nelle scorse settimane il tribunale di Varese ha pronunciato una sentenza di condanna per diffamazione nei confronti di Linda Rando, giovane blogger di Rovigo, colpevole di offrire uno spazio di discussione sul forum del suo sito internet.
Linda, classe 1991, è l’ideatrice e l’amministratrice di “Writer’s dream”, oggi la più grande community in Italia che parla di editoria, libri e scrittura, frequentata quotidianamente da 3 mila persone. Tutto è nato nella primavera del 2008 da un piccolo forum che nell’arco di poco tempo è diventato uno spazio di confronto sul mondo della scrittura, con l’ambizione di fornire strumenti utili agli autori emergenti per orientarsi nell’universo dell’editoria. A Linda è saltata la mosca al naso quando si è imbattuta nel fenomeno dell’editoria a pagamento (Eap, ndr) e le è venuta l’idea di creare delle liste nelle quali elencare tutti gli editori che in qualche forma si facevano pagare dagli autori per pubblicare i loro libri. “Le nostre liste – spiega lei – erano basate su un criterio oggettivo, non erano compilate per merito o demerito. Ad esempio sono finiti nella lista anche editori che pubblicavano libri vincitori di concorsi a cui si accedeva pagando quote di iscrizione”.
Proprio la discussione scaturita dal lancio della campagna “NoEap” ha dato vita ad una lunga sequenza di commenti, alcuni dei quali oggettivamente lesivi dell’onorabilità e della dignità delle case editrici citate. Linda e lo staff di Writer’s dream si sono visti arrivare richieste di cancellazione, lettere di diffida e telefonate ad opera di editori arrabbiati: “Ma mai nessuno aveva querelato noi per un commento postato da un utente – ha detto Linda –, mi è capitato di essere convocata per fornire i dati di un iscritto al forum che aveva postato un commento ritenuto diffamatorio. Ovviamente in quell’occasione ho fornito quanto richiesto e la stessa cosa avrei fatto anche questa volta”. Invece non c’è stato bisogno di rivelare l’identità degli autori dei commenti al vetriolo: “Già, perché sono andati a colpo secco su di me – spiega ancora Linda -, ritenendomi responsabile del contenuto dei commenti scritti dai lettori. Questo nonostante tutti gli iscritti al forum abbiano accettato la clausola di attribuzione esclusiva di responsabilità di quello che scrivono”.
Nella sentenza del tribunale di Varese si dice chiaramente che il solo fatto di aver inserito il nome della casa editrice “Zerounoundici” nell’elenco di quelle a pagamento, non costituisce di per sé un reato “risolvendosi nella sintesi opinabile ma non offensiva delle forme di partecipazione al costo editoriale”. Insomma, anche secondo l’autrice del blog non ha detto o scritto nulla di penalmente rilevante, al contrario di quanto hanno fatto gli utenti iscritti al forum del blog. “Se potevo aspettarmi prima o poi di ricevere una querela – ha detto Linda Rando –, non nascondo di essere rimasta molto sorpresa dalla sentenza. Certamente non mi fermerò qui e ricorreremo in appello, anche perché sono convinta di non dover pagare per le parole pronunciate o scritte da una terza persona, che non è nemmeno stata chiamata in causa nel processo”.
Il blog è stato trattato come un qualunque giornale cartaceo, per cui Linda, in qualità di responsabile della pubblicazione, secondo il giudice – che cita espressamente la legge sulla stampa del 1948 – avrebbe dovuto intervenire censurando i commenti diffamatori: “Noi non siamo una testata giornalistica – puntualizza lei –, a prescindere da questo non mi sottraggo dalle mie responsabilità, non penso che basti nascondersi dietro la parola ‘blog’ per eliminare gli oneri del controllo, non sono per la rete anarchica, sono la prima a professare e chiedere rispetto per tutti. Detto questo non siamo onnipresenti e onniscienti. Nel caso specifico ancora oggi non sono riuscita a trovare i commenti oggetto della condanna”. Responsabilità e controllo sì, ma niente censura: “Come principio non censuriamo i commenti. Al limite, quando qualcuno esagera viene richiamato pubblicamente all’ordine, se persevera viene bannato dal forum, ma i commenti rimangono. È uno spazio di libera espressione e ciascuno dovrebbe poter dire quello che pensa, assumendosene la piena responsabilità”. E il tema della libertà di pensiero e di espressione è quello che viene maggiormente richiamato da chi in queste ore sta alzando le barricate contro la sentenza del tribunale varesino, accolta come un autentico schiaffo al mondo del web, sempre più esposto alla minaccia di interventi di forte limitazione.