Due Italie a confronto oggi a Brescia per il comizio di Silvio Berlusconi. Palese è la spaccatura: da una parte il Popolo della Libertà, esiguo rispetto al passato, dall’altra la nebulosa della protesta, più corposa, più determinata e più intelligente che mai. Un’ora prima dell’arrivo di Silvio Berlusconi sotto il palco sventolano le bandiere, ma di gente ce ne è poca, riempiono poco più di un quarto della piazza. In fondo alla piazza invece la folla di chi protesta cresce. Dal terrazzino di un amico che si affaccia su piazza del Duomo osservo il servizio d’ordine di Berlusconi manovrare l’antisommossa. Spingono i poliziotti verso gli anti-berlusconiani, vorrebbero che li cacciassero dalla piazza ma sono tanti, troppo. Si cerca la provocazione ma nessuno degli anti-berlusconiani raccoglie. Inizia invece una sorta di ruba-bandiera, quelle con sopra il logo del Popolo della Libertà vengono facilmente strappate di mano ai fan di Silvio e finiscono in una pila al centro della piazza. La gente le calpesta, molti le stracciano, alcuni bambini con i pattini ai piedi cercano di andarci sopra.
Arrivano Brunetta e Formigoni i fischi e gli slogan: evasori, ladri, parassiti si alzano come un boato. Scortato dal servizio d’ordine Brunetta stringe qualche mano, ma si vede che è confuso, non si aspettava una piazza dove la maggioranza è l’opposizione, e così imbocca il palco sbagliato, quello della stampa.
Sul monitor attaccato al palco viene proiettato il video della vita e dei successi di Silvio Berlusconi. Dalle foto in bianco e nero di lui bambino con l’amata madre si passa a quelle delle vallette di Mediaset, degli sceneggiati e varietà delle sue televisioni. Rifletto che in qualsiasi altro paese occidentale una cosa del genere farebbe inorridire l’elettorato, e infatti la protesta nella metà della piazza ormai isolata dall’antisommossa esplode: “Evasori, evasori, evasori”, grida la folla. Poi arriva Berlusconi e con lui c’è Alfano, il ministro dell’Interno. Anche questo, la presenza del vice premier ad un comizio contro la magistratura, sarebbe inaudito in un qualsiasi paese occidentale. Il boato di protesta è talmente potente da sovrastare i microfoni, non si riesce a sentire nulla, solo chi è a ridosso del palco capta le sue parole.
I miei amici accendono la televisione, Retequattro manda in onda in tempo reale il comizio e noi ci accorgiamo che le telecamere sono posizionate in modo tale da tagliare fuori metà della piazza e cancellare le voci della protesta. E’ surreale ma abbiamo l’impressione di trovarci di fronte a due realtà separate. Quella fuori della finestra e quella dentro il televisore.
Benvenuti in Italia dove ormai si è persa la percezione della realtà e dove due nazioni, due popoli si scontrano a colpi di comunicazione. Ma la piazza questa volta io ce l’ho davanti e posso vedere ciò che succede. L’atmosfera è tesa come quella dei vecchi anni ’70, la polizia pronta con i manganelli. Ma questa volta a protestare non sono ragazzini del liceo e giovani universitari, c’è tanta gente con i capelli bianchi, signore borghesi di mezza età. E infatti lo scontro fisico non c’è.
La televisione continua ad inquadrare giovanissimi sostenitori di Silvio che gridano il suo nome come a un concerto pop. Anche la demografia è dualista: i più maturi contro, i più giovani a favore. E’ questa l’Italia? E la risposta è “no”. Me ne accorgo alla fine del comizio quando i sostenitori del Popolo della Libertà vengono raccolti dai pullman parcheggiati fuori. Come scritto nelle loro bandiere arrivavano da tutto il nord est, pochi erano quelli di Brescia. I bresciani sono quelli che continuano a protestare in piazza, a gridare i loro slogan anche quando Berlusconi e la sua claque sono ormai lontani.