Le pioggia e le non basse temperature ci fanno sperare che potrebbe essere un grande anno per i funghi. E mentre sono qui a scrivervi di quel che potrebbe capitare fra qualche settimana o forse prima, mi sale il desiderio del percepire quel profumo di Porcini che dalle mie parti (ma voi avrete le vostre) uomini del Casentino o donne della Garfagnana, trasportano in ordinate cassette adornate con foglie di castagno o verdissime felci strappate ad un sottobosco che così orchestra sinfonie molecolari che colpiscono il nostro naso. Che meraviglia poter percepire quell’humus brulicante di vita, dove tutto degenera nel marcire e nel decomporsi da nutrimento a nuove generazioni di meravigliosi “boletus”.
“Non tutti commestibili” direte voi, ma tutti bellissimi e partecipanti al rinnovarsi della vita. Come si sa, basta saper scegliere. Fidatevi di chi con esperienza ed onestà gira, per professione, nei sottoboschi frequentando conosciute fungaie o la propria fortuna, che permette sempre improvvisi colpi del destino.
Ma veniamo a quel che mi compete, che se si continua con questo ragionamenti qualcuno mi potrebbe accusare di fare sovversiva ed impropria politica nel considerare naturale la morte come la vita.
Dunque, in abbondanza di porcini, affettate finemente delle turgide cappelle mischiandole a delle patate precedentemente fritte in olio d’oliva. Sbattete poi delle uova condendole con qualche fogliolina di nipitella e un non niente di parmigiano. Fatevi una frittata di funghi praticamente crudi, sostenuti dalla croccantezza delle patate che si inumidiranno parzialmente con la morbidezza che dovrà essere mantenuta in questa svenevole frittata. Sarà superlativa calda, ma fredda, obbligatoriamente, dovrà farcire fette di buon pane casalingo.
Ultima raccomandazione, sporcate con uno spicchio d’aglio, dorandolo, il C d’olio che accoglierà nella vostra padella la frittata. Darete potenza e certa “vittoria elettorale” al vostro menù stagionale.