Mondo

Guatemala: Montt condannato a 80 anni per il genocidio dei Maya

L'ex dittatore è stato ritenuto responsabile tra il 1982 e il 1983 dell’eccidio di almeno 1.771 indios dell’etnia Ixil, accusata all’epoca di aver fatto parte della guerriglia protagonista della guerra civile. Molti dei 98 testimoni hanno raccontato i danni emotivi e mentali delle violenze subite

I Maya vittime di un genocidio i9n Guatemala, nel cuore dell’America Centrale. Il responsabile è l’ex generale Efrain Rios Montt, il dittatore ritenuto responsabile tra il 1982 e il 1983 dell’eccidio di almeno 1.771 indios dell’etnia Ixil, nel corso dell’operazione chiamata molto realisticamente “terra bruciata”, che è stato condannato a 80 anni di carcere. La sentenza, letta dalla giudice Jazmin Barrios, presidente del ‘Tribunal A de alto riesgo’, specifica che la condanna prevede 50 anni di reclusione per genocidio e altri 30 per crimini di guerra e contro l’umanità. Al centro delle accuse c’è comunque sempre lui, il vecchio generale Rios Montt.

Oggi, a 86 anni, è considerato il responsabile dello sterminio dei Maya-Ixil, etnia del dipartimento del Quichè accusata all’epoca di aver fatto parte della guerriglia protagonista della lunga guerra civile che tra il 1960 e il 1996 ha insanguinato il Guatemala, provocando la morte, o la desaparaciòn, di circa 200 mila persone. “La condotta di Efrain Rios Montt rientra nel delitto di genocidio, in quanto autore dello stesso”, ha dichiarato la giudice nel leggere la sentenza. “Ci sono stati bambini presi e portati in altre località. Operazioni alla guida delle quali c’era Rios Montt, che sapeva tutto e che non ha fatto niente per bloccarle”, ha sentenziato, precisando che l’ex dittatore “aveva invece tutto il potere per farlo, visto che era la massima autorità militare”.

Parole durissime quella della giudice, che ha pianto per l’emozione. Le sue parole sono state ascoltate in silenzio in aula e fuori dal tribunale, nella piazza dei Derechos Humanos, dove c’erano circa 600 persone, tra le quali la Nobel per la pace Rigoberta Menchù. “Siamo felici perchè per molti anni ci hanno detto che il genocidio era una bugia, mentre oggi il tribunale ci ha detto che è la verità”, ha commentato commossa Menchù, esprimendo il sentimento della maggioranza della popolazione. Tutto il paese si è fermato per seguire in diretta l’ultima udienza del processo iniziato il 19 marzo. Oltre che dell’eccidio, l’ex dittatore è stato ritenuto colpevole dello sfollamento dai loro territori di circa 29 mila Ixil e della sistematica violenza sessuale perpetrata contro le donne dalle truppe che rispondevano ai suoi ordini. Le conseguenze del massacro rappresentano una ferita difficile da chiudere.

Molti dei 98 testimoni hanno raccontato i danni emotivi e mentali del genocidio. Secondo le testimonianze i soldati hanno raso al suolo interi villaggi degli indios, hanno bruciato le loro case, distrutto i raccolti, ucciso gli animali e sterminato donne e bambini. Secondo il pm, è stato proprio l’ex dittatore a ideare l’operazione ‘Terra Bruciata’: una tattica usata dai militari che prevedeva tra l’altro l’impiego di aerei e bombardamenti per contrastare la guerriglia. Per l’ex dittatore, che è già stato portato in un carcere di massima sicurezza, la sentenza rappresenta “uno show politico di interesse internazionale. Sono preoccupato per la mia famiglia, ma ho il cuore in pace: ho rispettato la legge”.