Due autobombe esplose nella cittadina turca di Reyhanli, al confine con la Siria, hanno causato almeno 40 morti e 100 feriti, molti in condizioni gravi. Secondo la Coalizione nazionale siriana, principale piattaforma dell’opposizione in Siria, la responsabilità delle esplosioni è del regime di Bashir al Assad e rappresenta “il tentativo ignobile di vendicarsi con il popolo turco per il sostegno a quello siriano, e per seminare discordia”.
E anche per il premier turco Recep Tayyip Erdoğan, l’esplosione è legata al conflitto in corso in Siria o al processo di pace avviato con i militanti curdi del Pkk. “Stiamo attraversando un momento molto delicato – ha detto alla tv di Stato – abbiamo cominciato una nuova era con la questione del processo di pace. Queste potrebbero essere azioni di chi non accetta questi sviluppi. Un altro tema sensibile nella provincia di Hatay (dove si trova Reyhanli, ndr) è il confine con la Siria e queste azioni potrebbero essere state commesse per accendere la tensione”. Secondo il ministro degli Esteri di Instanbul Ahmet Davutoglu, “in un periodo di transizione talmente critico per gli sviluppi in Siria sono possibili provocazioni”. E “non è una coincidenza – ha aggiunto – che questo avvenga mentre si intensificano i contatti diplomatici”.
Le autobombe sono esplose lungo l’Ataturk Boulevard, l’arteria centrale della cittadina di confine, davanti al municipio e all’edificio delle poste e i soccorritori scavano nelle macerie alla ricerca di possibili vittime rimaste sepolte. Davanti al Palazzo delle Poste, all’angolo con Tayfur Sokak, riferisce l’agenzia Dogan, un corpo è stato proiettato dall’esplosione contro un’auto in sosta, che ha sfondato. Secondo i media turchi c’è tensione nella zona fra la popolazione locale, per buona parte alawita, e i rifugiati siriani, per lo più sunniti. Negli ultimi mesi ad Antiochia ci sono state manifestazioni di sostegno al presidente siriano alawita, Bashar al Assad, e raccolte di firme per la chiusura dei campi che lungo il confine accolgono rifugiati e disertori siriani, accusati di essere basi arretrate per i ribelli anti-Assad.