Paura della Guardia di finanza e di possibili delatori del fisco: così gli italiani disertano il raduno delle auto di lusso. A Bologna per il cinquantennale della Lamborghini, tra i 350 proprietari presenti dentro il recinto di Piazza Maggiore dove sono parcheggiati i bolidi, sono rarissimi quelli che non arrivano dall’estero. C’è il quarantenne svizzero in pensione a 44 anni che non ha più bisogno di lavorare, la sua ragazza che invece lavora ma giusto per non annoiarsi, il giapponese con una Aventador decorata coi brillanti. Poi tedeschi, francesi, arabi, americani. Solo ogni tanto si trova anche qualcuno dal Belpaese, ma bisogna cercarlo con il lanternino: ”Probabilmente è un momento un po’ particolare per l’economia, quindi o gli italiani hanno deciso di liberarsene, oppure le macchine di lusso le tengono nascoste da qualche parte per qualche recondito motivo”, spiega Andrea mentre fa rombare il motore della sua Lambo d’epoca.

”Aspettiamo la Guardia di finanza”, dice con una risata anche Fabrizio Giugiaro, esponente della nota famiglia di designer piemontesi che ha firmato molti modelli di auto per la Lamborghini e per molte altre marche in giro per il mondo. ”C’è gente in questo Paese – prosegue – che assolutamente non ha nulla da nascondere, però a venir qui si rischia veramente di avere solo dei fastidi e quindi passa un po’ la voglia”. I bolidi, chi ce li ha, è meglio se li tenga in garage, è quello che dicono gli italiani qui a Bologna. ”Perché ci sono pochi connazionali? Bisogna essere ricchi e poi in Italia hai anche la Guardia di finanza addosso quindi devi avere le spalle ben coperte”, spiega un impiegato della casa automobilistica di Sant’Agata Bolognese. ”È evidente che in Italia ci sia stato un calo nelle vendite sia per la congiuntura economica sia per il discorso di Monti che ha imposto più controlli. C’è meno voglia di farsi vedere ed è anche comprensibile”.

Monti o no, l’Italia per la Lamborghini, che nel 1998 è stata acquistata dalla tedesca Volkswagen, così come la Ducati motors nel 2012, è un mercato come gli altri. Anzi. ”Il mercato del lusso per quanto riguarda le super sportive è piatto, è sceso drammaticamente nel 2009 per poi risalire, ma non è tornato a essere quel che era nel 2007. Oggi sono gli Stati Uniti e il Medio Oriente a tirare. Abbiamo raggiunto un equilibrio che speriamo tenga, ma sull’Italia al momento non possiamo fare affidamento come mercato che ci sostenga”, spiega Stephan Winkelmann, amministratore delegato e presidente della casa del Toro.

L’azienda, nota anche per essere una delle più apprezzate dalla Fiom Cgil come esempio da seguire per i rapporti sindacali, nel 2012 ha fatto scintille: ha venduto 2.083 auto in tutto il mondo, un valore superiore del 30 % rispetto alle 1.602 consegnate nell’anno precedente. Se gli Stati Uniti (dove le vendite del marchio sono cresciute addirittura del 53%) sono il mercato da cui la Lamborghini ha tratto le maggiori soddisfazioni, anche in Europa le consegne sono cresciute del 34% rispetto al 2011.

In piazza Maggiore, spariti gli italiani, sono gli stranieri a fare da padroni. Sarà per la lontananza dal loro fisco, ma loro sono rilassati, si concedono alle interviste senza problemi. ”Ho 34 anni, faccio il manager nel settore degli investimenti privati. Ho lavorato duro e ora me la posso permettere. Quanto costa la mia Lamborghini? 550 mila dollari più o meno”, racconta Chris Singh, dalla Florida. Alex, studente svizzero di 22 anni è invece il più giovane dei 350 proprietari presenti: ”Tutti potrebbero bene o male permettersela, la Lamborghini. Il costo? Beh, diciamo intorno ai 200 mila euro”.

”Al momento di Lamborghini ne ho quattro. Al momento nel senso che ne comprerò poi altre”, spiega Gautam Singhania, miliardario indiano del settore della moda e e dei profilattici (ovviamente la marca si chiama Kamasutra) con la passione per il Toro. ”Io lavoro duro e voglio spendere i miei soldi con delle Lamborghini. In questo periodo di profonda recessione economica è bene portare fuori queste auto, così le persone che sono stressate possono vederle e sorridere un po”’. Quando si dice: la filantropia.

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