Sister Sabina – the Principal of the missionary hospital in Tosamaganga and the responsible for the patients family camp – told me today that I was lucky I didn’t get stoned.

When I came back to the camp this morning people seemed to be highly uncomfortable with my presence among them. Still, I have spent already 2 days documenting their life there. Shortly after I took out my camera, they surrounded me and with raised voices and gestures started saying “money”, “money”, “give money”. I felt hopeless at that moment, like an invisible line between white and black.

I was not aware of the rotation of the patients family members in the camp, which happened between yesterday and today. In Tosamaganga hospital, the family members of the patients, who are staying there for a longer period of time rotate depending on their family resources. People, who arrived last night from the surrounding villages brought the news of insecurity, caused by the very recent attack in the church of Arucia. All together with questioning the trust given to me already by the old camp community members, the conflict in the morning was cooked.

Before the Westerns came to this continent, Africans had Kingdoms and Empires run by their proper rules and traditions but foremost with their open hearts. These open hearts made them slaves and victims later on; who they have never stopped to be up to date. While the evolution and the development of African civilisation stopped with colonisation, the profound misery of the continent was strengthen with a political framework imposed in the second part of the XXth century. Thus, will we ever be able to pay off the depts of trust our ascendents left us with? No matter how hard we try? At the end of the day, I see myself as an instrument, so as the camp community I am photographing. Still, I believe we can change it if our hearts stay open.

Today, during the hurricane of black and white emotions, there was Berta who stood up for me with her open heart and compassion. As her pregnancy is in danger, she is living at the hospital waiting room for pregnant women at risk. She cooks herself in the camp kitchen as she has no family member to take care of her here.

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Suor Sabina, la direttrice dell’ospedale di Tosamaganga e responsabile del campo dove soggiornano le famiglie dei pazienti – mi ha detto che oggi sono stata fortunata a non essere presa a sassate.

Quando sono tornata al campo questa mattina le persone sembravano infastidite dalla mia presenza. Nonostante avessi passato due giorni a documentare la loro vita lì. Dopo poco che avevo tirato fuori la macchina fotografica mi hanno circondata e hanno iniziato a chiedermi a gesti e a voce alta “soldi, soldi, dammi soldi”. Mi sono sentita senza speranza in quel momento, come una linea invisibile tra il bianco e il nero.

Non ero a conoscenza della rotazione delle famiglie dei pazienti che era avvenuta nel campo tra ieri e oggi. Nell’ospedale di Tosamaganga, i membri delle famiglie dei pazienti, che stanno li per più tempo si alternano sulla base delle loro disponibilità. La gente che è arrivata la scorsa notte dai villaggi circostanti ha portato notizie sullo stato di insicurezza causato da un recente attacco nella chiesa di Arusha. Così, tutti hanno messo in discussione la fiducia che mi era stata data dai membri precedenti della comunità nel campo, provocando il conflitto scoppiato durante la mattinata.

Prima che gli occidentali arrivassero in questo continente, gli africani avevano imperi gestiti secondo le loro regole e tradizioni ma prima di tutto gestiti con il cuore aperto. Questi cuori aperti li hanno resi in seguito schiavi e vittime: e lo sono tuttora. mentre l’evoluzione e lo sviluppo della civiltà africana è finita con la colonizzazione, la miseria profonda del continente è stata rafforzata dalla situazione politica imposta nella seconda metà del ventesimo secolo. Saremo mai in grado di pagare i debiti che abbiamo raccolto a causa della fiducia che i nostri ascendenti ci hanno dato?Per quanto ci possiamo provare, ci riusciremo mai? Alla fine, mi sento come uno strumento, così come il campo della comunità che sto fotografando. Penso comunque che possiamo cambiare le cose se apriamo i nostri cuori.

Oggi, durante l’uragano delle emozioni in bianco e nero, Berta ha preso le mie difese a cuore aperto e con compassione. Visto che la sua gravidanza è a rischio, sta vivendo nella sala d’attesa dell’ospedale per le donne con gravidanze a rischio. Cucina da sola nella cucina del campo non avendo nessun membro della famiglia che si prenda cura di lei.

Kasia Ciechanowska

Kasia Ciechanowska

 

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