Franco Zullo ha messo in rete i migliori sarti di Milano. Ester Brunini è un’artigiana del vetro e grazie al crowdfunding è riuscita ad aprire a Bolzano la sua prima bottega: la banca non le erogava un mutuo, e così Brunini ha chiesto e ottenuto dalla rete quasi ottomila euro. Luca Mezzini è un pavimentatore bolognese e realizzatore di coperture alla veneziana: grazie al web s’è aggiudicato una commessa in Germania.
Franco, Ester e Luca sono wwworkers, i nuovi lavoratori della rete, da cui prende il nome questo blog. Grazie alle nuove tecnologie vendono online, dialogano con la propria community e si posizionano verso nuovi pubblici e nuovi mercati, esportando il “made in Italy” all’estero.
Visionari, innovatori, connessi, ma troppo spesso invisibili per la classe politica e per una parte ancora troppo numerosa della società civile. La scorsa settimana ho avuto il piacere di invitarli a Bologna per una due-giorni di studio e di confronto chiamata Wwworkers Camp, e in centinaia hanno risposto all’invito. Come abbiamo spesso ricordato dalle colonne di questo blog, i wwworkers sono imprenditori e professionisti che operano con le nuove tecnologie, artigiani e commercianti che approdano online per vendere anche all’estero. I numeri dicono che in Italia i lavoratori della rete sono già settecentomila: questo è il dato di coloro che lavorano con le nuove tecnologie. Aiutano il “made in Italy” a farsi conoscere nel mondo, ma talvolta sono costretti ad espatriare.
Ecco perché nella seconda giornata del nostro Wwworkers Camp abbiamo voluto incontrare la classe politica, e presentare un manifesto di dieci azioni raccolte nei mesi precedenti. Dieci passi affinché chi ci governa perché prenda atto che c’è un’Italia che vive e lavora in rete. In generale i wwworkers hanno bisogno di un grande piano di sostegno, non solo economico ma infrastrutturale e culturale. Hanno necessità che l’e-commerce venga “liberato” e sostenuto con una tassazione più bassa, auspicano un investimento sul wi-fi e l’attuazione di politiche di alfabetizzazione da realizzare in sinergia con le PA locali e con le organizzazioni di categoria. Ecco nel dettaglio le 10 azioni consegnate:
Azione 1: erodere il digital divide. Sostenere la spinta per la copertura nazionale di servizi con banda larga e ultralarga, anche in realtà geografiche lontane dai contesti metropolitani, attraverso investimenti pubblici e incentivi a quelli privati.
Azione 2: liberare il wi-fi. Promuovere l’obbligo per gli esercizi pubblici di rendere la connessione wi-fi disponibile e pubblica.
Azione 3: alfabetizzare al digitale. Promuovere un piano per l’alfabetizzazione digitale, coinvolgendo il terzo settore, le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali e gli enti locali, per far sì che tutti i cittadini colgano le opportunità della rete. Promuovere l’apertura di sportelli informativi per fornire servizi concreti su come lavorare in rete.
Azione 4: digitalizzare il made in Italy. Servono incentivi alla creazione di reti digitali tra le imprese, volte alla collaborazione e all’internazionalizzazione, anche attraverso la messa in comune di banche dati e scambi tra realtà differenti.
Azione 5: liberare l’e-commerce. Oggi l’e-commerce è soggetto alla normativa per il commercio, pensata intorno ai canali tradizionali. Ciò crea confusione e rallentamenti. È necessario semplificare radicalmente la normativa sull’e-commerce e prevedere specifici incentivi per le imprese che avviano questa attività.
Azione 6: ascoltare il mondo della rete, stakeholders e influencer. Il settore legato all’economia digitale è trasversale ai differenti settori produttivi e spesso escluso dai meccanismi di concertazione. Aprire la discussione pubblica a queste realtà permetterebbe di programmare politiche più attente alle innovazioni.
Azione 7: ciò che è prodotto con soldi pubblici, deve essere pubblico e in rete. Il sapere prodotto nelle università, la cultura sostenuta da fondi pubblici, i dati elaborati dalla Pubblica Amministrazione devono essere accessibili a tutti e utilizzabili per promuovere attività economiche. Occorre che si scelga l’open data per trasparenza, semplificazione e miglioramento dei servizi al cittadino.
Azione 8: il telelavoro come diritto. Introdurre la modalità di lavoro in remoto per tutte le attività per cui è tecnicamente possibile, almeno per una parte del monte ore. In questo modo si favorirebbe il “work-life balance”, la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, si spingerebbe l’innovazione delle imprese e si abbatterebbero i costi ambientali e strutturali legati agli spostamenti casa-lavoro.
Azione 9: ripensare il welfare nell’ecosistema digitale. Istituire il diritto ad una pensione di base per tutti i lavoratori a seguito della cessazione dell’attività lavorativa. Istituire una indennità di maternità universale, superando la logica delle tutele esclusivamente legate al lavoro subordinato. Proporre un salario minimo garantito per le attività parasubordinate per cui non valgono i minimi definiti dalla contrattazione collettiva. Promuovere la diminuzione del carico fiscale contributivo per i lavoratori autonomi.
Azione 10: dare spazio alle nuove imprese. Fornire in locazione agevolata immobili inutilizzati della Pubblica Amministrazione, in modo da creare spazi di co-working per start up innovative e legate al mondo digitale.