Il consigliere comunale di Bologna, Mirco Pieralisi (Sel), ha letto in aula la seguente lettera, che riporto integralmente, in quanto straordinaria risposta, per analisi e sentimento, all’epistola di Virginio Merola.
Caro Sindaco,
sono una maestra piuttosto avanti con l’età e finora non avevo mai scritto una lettera pubblica, né ai giornali né a singole personalità politiche, ma oggi, dopo avere letto la lettera che Lei ha scritto alle mamme e ai papà di Bologna in merito al referendum consultivo del 26 maggio non sono riuscita a trattenermi.
Ci sono diversi punti della Sua Lettera che mi hanno fatta sobbalzare sulla sedia, prima per l’incredulità e poi per l’indignazione. Il primo è l’uso dispregiativo dell’aggettivo “ideologico”. Cercando sul dizionario (le avevo anticipato che sono una maestra) la definizione di “ideologia” trovo che vuol dire “sistema d’idee che costituisce la base di un movimento o di un partito politico”. Usato in modo dispregiativo da un politico di professione quale è Lei mi sembra alquanto bizzarro, anche perché poi, poche righe più sotto, fa riferimento alla storia delle scuole comunali di Bologna, “frutto (la sto citando) del lavoro e della passione di generazioni di bravi educatori e insegnanti” e bravi amministratori aggiungo io.
Ma Sindaco, forse Lei era troppo giovane o non ha vissuto dall’interno, come me, quella stagione, ma Le assicuro che quella passione che Lei giustamente ricorda era una passione assolutamente ideologica: c’era dietro l’idea di una società che sarebbe dovuta diventare, partendo dalla scuola di tutti e per tutti, più giusta, più equa, più inclusiva e in grado di chiudere la forbice sociale, in poche parole di garantire, come afferma la Costituzione, pari opportunità per tutti a partire dai primi decisivi anni della formazione.
Il referendum poi sarebbe per Lei un “imbroglio ideologico” e afferma che “questo referendum non è per dire se sia meglio la scuola privata o la scuola pubblica, ma per decidere se sia giusto o meno destinare 1 milione alle scuole paritarie private”.
La domanda è proprio questa: è giusto continuare a finanziare un sistema che ha portato a negare all’inizio dell’anno scolastico a centinaia di bambini il diritto ad avere un posto nella scuola dell’infanzia comunale o statale come avevano chiesto?
Perché alcuni hanno il diritto di avere ciò che desiderano ed altri invece no? Un genitore che reclama questo diritto sta usando suo figlio per fini politici? Perché si sta agitando lo spettro degli aumenti delle rette delle private quando tante di queste scuole possono contare su altre e diversificate economie di scala? (Lo so, non posso dimostrarlo perché né io né lei conosciamo i loro bilanci).
Lei non vuole “una società senza cuore affidata alle strumentalizzazioni e alle dispute ideologiche” (di nuovo!). Lei dice di essere “per un’educazione affettuosa”. Ergo, chi non la pensa come lei è per una società senza cuore e per un’educazione insensibile? Ma si rende conto di che cosa ha scritto? Avevo già sentito dire da qualcun altro che chi non l’avesse votato era un imbecille; sentire esprimere lo stesso concetto dal Sindaco che ho votato mi ha lasciata basita.
Io Sindaco pretendo le sue scuse, ma non per me, le pretendo a nome di tutti quei genitori che continuano a volere mandare i propri figli nelle scuole della Repubblica, nonostante la difficile condizione in cui le politiche degli ultimi 20 anni l’hanno ridotta, perché credono che la scuola pubblica dovrebbe essere proprio quella che non c’è ancora, come afferma Lei dandolo come un fatto acquisito a cui rassegnarsi.
Un’anziana cittadina maestra delusa ed indignata.