Massimo Rovera, 45 anni, aveva un chiosco di fiori nella piazza centrale della città lombarda. Ma a causa della scarsa sicurezza e delle tasse, continuare a lavorare lì era difficile. Quindi si è trasferito a Reading. "Qui - dice - non hanno nessuna competenza, ma hanno coraggio di investire e fiducia negli italiani perché sanno che siamo gente preparata e tenace"
Il punto di partenza per capire la sua storia è la differenza tra fioraio e fiorista. “Il fiorista è quello che lavora il fiore, fa le composizioni, le ghirlande, i bouquet. È come il pasticcere che seleziona gli ingredienti e li mette insieme con creatività e passione anche secondo il bisogno del cliente. Il fioraio è il puro commerciante, quello che i fiori li prende e li vende così come sono”. Ovvio che lui, Massimo Rovera, 45 anni, appena trasferito a Reading, in Inghilterra, nella vita è sempre stato un fiorista.
A poco più di trent’anni, con un diploma di perito elettronico e un corso di laurea mai finito in economia e commercio, ha aperto il suo primo chiosco a Varese. “Ciò che mi affascina nel mio lavoro è il rapporto con le persone, la possibilità di interpretare i loro desideri e dargli forma. Alla fine mi sento come il confidente, lo psicologo, o lo scarica-stress”. Al suo chiosco in piazza della Repubblica tutti lo ricordano come Maxime o “il biondino”. D’obbligo per i clienti fare la fila, ma nessuno se n’è mai lamentato. “Mettiamo che un cliente arrivasse in negozio e mi dicesse: ‘Ho 20 euro e vorrei fare un regalo ad una mia amica per il suo compleanno, ha 40 anni e ama i fiori voluminosi”. La mia mente iniziava a volare immaginando la donna che avrebbe ricevuto il regalo. Prendevo fiori colorati e voluminosi: fiori alti come lilium, bocca di leone, rose o medi come iris, gerbere. Infine tulipani rossi e una ginestra per chiudere il tutto. Questo in pochi minuti e davanti al cliente, al quale, mentre componevo, spiegavo nome e storia di ogni fiore”.
Dietro la cura e la delicatezza da artigiano dei fiori c’è anche un guerriero che si è speso in prima linea per difendere il decoro e la sicurezza della sua città. “Per anni ho vissuto e lavorato in questa piazza del centro di Varese, molto movimentata e con un livello di sicurezza molto basso, tanti problemi per la gente e per i negozianti stritolati dal fisco. Ho raccolto mille firme, mi sono denudato in piazza, ma non è servito a niente, solo ad attirare la televisione incuriosita dal mio gesto. Il problema però è rimasto”. Sei mesi fa Massimo lascia quel chiosco, ma prima di partire mette in piedi un piano per risolvere i problemi della sua città. “Ho proposto alle forze dell’ordine di lasciare a loro il mio gazebo affinché gli agenti possano stare in piazza in pianta stabile e a costo zero. La corrente elettrica e le spese di occupazione del suolo sarebbero coperte dalle associazioni dei commercianti, nell’ottica di dare un servizio ai negozianti, io prenderei solo una somma simbolica per la locazione del chiosco. Potrei affittare o vendere il negozio con guadagni maggiori, ma metto come priorità fare qualcosa di buono per la mia città”. Per ora non è arrivata nessuna risposta. Intanto lui si è trasferito in Inghilterra per fare il maestro floreale. Un’azienda olandese ha pensato di sfruttare il suo talento e la sua esperienza per insegnare ai fioristi locali come comporre mazzi di fiori.
“Qui non hanno nessuna competenza, ma hanno coraggio di investire e fiducia negli italiani perché sanno che siamo gente preparata e tenace. E poi c’è la crisi che ha portato a un’evoluzione nel mio mestiere. Il classico commerciante di fiori che prende il mazzo così come arriva e lo rivende, oggi è perduto. L’evoluzione del fioraio sono i lavori come quello che faccio io qui o quello che ti permette di gestire tutto il processo e di ridurre al minimo gli scarti per usare tutte le parti del fiore”. Intanto coltiva un progetto tutto suo, una nuova tecnica per posizionare il prato sintetico sui campi di calcio nei posti dove il clima non agevola manti erbosi. Anche se lontano dal suo chiosco, continua a volare con la mente, solo che adesso va molto più veloce. “La differenza tra un italiano e un tedesco o un inglese me l’ha spiegata un mio amico greco. L’italiano ogni mattina va in spiaggia e corre per allenarsi, ma per farlo bene deve mettere i pesi alle caviglie e ai polsi. Al momento di gareggiare con colleghi europei è ovvio che sia lui a vincere, perché è abituato ad avere le zavorre. A parità di condizioni, senza i pesi che frenano la corsa, ogni cosa gli risulta più facile”.