Donne di Fatto

Basta! Fermiamo la pubblicità sessista #adci

Quest’anno, nella manifestazione “Giovani leoni” organizzata da Sipra, il brief per la sezione stampa ha invitato i giovani concorrenti a immaginare una campagna per diffondere una petizione contro la pubblicità sessista. La petizione è firmata da Massimo Guastini, presidente dell’Art Directors Club Italiano (ADCI) ed è rivolta al ministro per le Pari Opportunità Josefa Idem, a cui si chiede di tradurre in poche norme semplici e vincolanti la “Risoluzione Europea del 3 settembre 2008 sull’impatto del marketing e della pubblicità sulla parità fra donne e uomini”. Io l’ho firmata, firmatela anche voi e invitate il maggior numero di persone possibile a fare altrettanto: si trova su Change.org ed è importante essere in molti e molte. L’annuncio stampa che l’ADCI ha scelto per sostenere la petizione è di Lara Rodriguez e Giorgio Fresi (Tbwa):

Con queste parole Massimo Guastini ha presentato la petizione sul sito dell’ADCI: «A quante figure carismatiche, possibili premier, premi Nobel, imprenditrici, artiste stiamo rinunciando, tarpando loro le ali, senza esserne consapevoli? Siamo certi che sia conveniente, per un Paese a terra come il nostro, accontentarsi di un solo motore quando per decollare ce ne servirebbero due? Sono ormai vent’anni che le nostre università laureano più donne che uomini. E il 66% delle votazioni superiori a 106 sono state ottenute da donne (Miur, 2006). Ma i numeri contano evidentemente poco in un paese in cui oltre l’80% degli individui si forma un’opinione sulla base di quello che trasmette la televisione. E quale immagine della donna ci racconta la TV?

Non certo quella che ci suggerirebbero i dati delle università, quanto piuttosto una figura quasi sempre relegata a ruoli gregari, ancillari, decorativi o ipersessualizzati. Liberare la nostra pubblicità (e anche il resto del palinsesto TV, possibilmente) da stereotipi sessisti libererebbe risorse umane preziose. In un momento in cui il nostro Paese avrebbe più che mai bisogno di accedere alle migliori risorse umane, per tirarsi fuori da una crisi senza precedenti dal dopo guerra, è del tutto autolesionistico ingabbiare e tenere in panchina (ruoli marginali) proprio quel 50% della popolazione da cui provengono i più promettenti segnali di dinamismo intellettuale.»