L’amicizia che ci lega e che ha fatto in modo che un giorno decidessimo di avviare l’esperienza de “Lo stato sociale” è nata tra i banchi della scuola pubblica oltre che nelle strade e nelle piazze affollate di studenti che lottavano per difenderla.
Questo probabilmente non è un motivo valido o quantomeno non è il motivo più importante per andare a votare “A” al referendum del 26 maggio a Bologna. Però è un motivo nostro, è mosso da sentimento e passione per una causa.
Per mettere a tacere le prime voci accusatorie di ideologismo che già ci sentiamo rivolgere dopo queste prime righe vorremo dire che abbiamo anche e soprattutto una coscienza critica e politica costruita su basi di scienze sociali ed economiche oltre che sul nostro celeberrimo buonsenso.
Sappiamo che il quesito referendario è riferito e mirato ad una determinata porzione di finanziamenti dedicata alla scuola dell’infanzia ma sappiamo anche che quando apri uno spiraglio questo si può allargare fino a comprendere aree ben più vaste e non esclusivamente settoriali.
Sappiamo che molti si astengono dal pronunciare la parola “private” sostituendola con la più democristiana supercazzola di “paritarie“, non sappiamo se lo fanno perché ci credono oppure perché sono un po’ babbei, in entrambi i casi sappiamo di non essere tra questi.
Sappiamo che in molti evocano la questione dell’efficienza, presumendo erroneamente che il dipendente, il dirigente o il proprietario di un azienda privata agisca mettendo sempre in primo piano il bene comune della conoscenza e in secondo piano il profitto. Sappiamo che le persone, gli insegnanti e i dirigenti possono essere “efficienti” o incompetenti indipendentemente dal fatto che operino nel pubblico o nel privato.
Sappiamo che la cultura è l’elemento determinate nella crescita e nella storia di una popolazione, il tanto agognato benessere dipende in larga misura dalla consapevolezza che un individuo e una collettività hanno delle propria condizione di vita attualizzata e storicizzata. Per ottenere tale consapevolezza, fin dalla scuola dell’infanzia, il sistema educativo non può e non deve dipendere da logiche di mercato e di concorrenza. In questo modo non si farebbe altro che creare ed alimentare diseguaglianze sociali e culturali che precluderebbero lo sviluppo non solo di un’identità collettiva ma anche della libertà individuale. Sappiamo che il percorso dell’istruzione deve fondarsi sui diritti di eguaglianza e laicità, quindi di libertà.
Sappiamo che l’amministrazione comunale difenda la sua posizione favorevole al finanziamento ai privati perché ha fatto una scelta politica, economica e di sviluppo. Sappiamo che questo modello di sviluppo non ci appartiene e sappiamo che attraverso questo voto possiamo farlo capire anche a chi ci amministra nonostante le dichiarazioni del primo cittadino siano al limite della dittatura ideologica.
Sappiamo che questi sono solo alcuni de motivi validi per votare “A” per la scuola pubblica, ma se sappiamo tutte queste cose un motivo ci sarà.