La prima commissione si pronuncia contro il ricorso del procuratore di Torino, che lamentava le "allusioni" dell'ex collega e neopresidente del Senato in un'intervista a Piazzapulita, a proposito di inchieste e processi che diventano "gogne pubbliche"
La prima commissione del Csm ha votato a favore dell’archiviazione della pratica a tutela richiesta da Gian Carlo Caselli, procuratore capo di Torino, contro il presidente del Senato, ed ex magistrato, Piero Grasso. Caselli lamentava “accuse e allusioni suggestive” fatte dall’ ex procuratore nazionale antimafia nella trasmissione Piazzapulita di La7. Ma la Commissione a maggioranza, con tre voti a favore e tre astensioni, ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per l’istituto della tutela; spiegando nella motivazione che se anche vi fosse la lesione del prestigio di Caselli, le affermazioni di Grasso non comprometterebbero l’indipendente esercizio della giurisdizione.
Il 26 marzo scorso Caselli, in una lettera indirizzata al vice presidente del Csm Michele Vietti, denunciava l’intervista di Grasso a “Piazza pulita”, in particolare “là dove si insinua che il mio operato sarebbe stato caratterizzato dalla tendenza a promuovere e gestire processi che diventano gogne pubbliche, ma restano senza esiti”. Al contrario, scrive l’ex Procuratore capo di Palermo, “tutta la mia esperienza professionale si è sempre e soltanto ispirata all’osservanza della legge, al rispetto dei presupposti in fatto e in diritto necessari per poter intervenire e alla rigorosa valutazione della prova”. L’intervento del neopresidente del Senato è stato “ancor più delegittimante nei miei confronti per il fatto di essere stato tenuto nel giorno stesso in cui veniva pronunziata dalla Corte d’Appello di Palermo sentenza di condanna nei confronti di Marcello Dell’Utri, sentenza relativa a procedimento avviato dalla Procura di Palermo quando il sottoscritto ne era a capo”.
Il comportamento di Grasso, scriveva ancora Caselli, si è rivelato “per nulla rispettoso dei principi costituzionali che presidiano la separazione dei poteri e tutelano l’indipendenza della magistratura rispetto ad ogni forma (diretta o indiretta) di condizionamento ed ingerenza del potere politico, specie se tale potere corrisponde ad una delle massime cariche dello Stato”.