Per il Global gender gap report, che misura il divario tra uomini e donne, l’Italia occupa l’80° posto su 135 paesi monitorati. L’Italia non consentirebbe alle donne le stesse opportunità di guadagno, carriera e accesso a ruoli politici degli uomini, nonostante da vent’anni le nostre Università laureino più donne.
“In un paese in cui gli individui si formano un’opinione sulla base di quello che trasmette la televisione, non può non influire una pubblicità nella quale la donna è una figura quasi sempre relegata a ruoli gregari, ancillari, decorativi o ipersessualizzati – spiega Guastini – La nostra pubblicità è, a detta di osservatori internazionali, tra le più sessiste del mondo e contribuisce a determinare stereotipi, cliché e conseguenti discriminazioni già nei bambini delle scuole elementari, come confermano anche recenti ricerche. In un momento in cui il nostro Paese avrebbe più che mai bisogno di accedere alle migliori risorse umane è del tutto autolesionistico tarpare le ali proprio a quel 50% della popolazione da cui provengono i più promettenti segnali di dinamismo intellettuale. Liberare la nostra pubblicità (e anche il resto del palinsesto TV, possibilmente) da stereotipi sessisti, libererebbe risorse umane preziose”, conclude Guastini che per questo chiede alla politica, con una petizione che conta 20.000 firme, un cambiamento che parta dal miglioramento della pubblicità. In alcuni paesi europei sarebbero infatti già in vigore secondo Guastini, delle norme che impediscono alla pubblicità di veicolare cliché sessisti. Per questo si chiede alla politica italiana di fare altrettanto.
A me sembra di ricordare nella pubblicità, una massiccia presenza di figure materne, oppure casalinghe, oppure ipersessualizzate.
Voi, di pubblicità che degradano l’immagine della donna, ricordate qualche esempio? Ricordatemeli nei commenti, grazie.