Il presidente della Commissione dei saggi, istituita dal sindaco Pisapia, è "disarmante" il dato che nel corso del 2012 ci sono stati appena tre ispezioni del gruppo interforze coordinato dalla Prefettura anche se "non è che non ce ne siano stati da parte delle singole forze dell’ordine o di enti come l’Asl"
I controlli per impedire alle organizzazioni mafiose di infiltrarsi nell’affare Expo sono troppo pochi. La denuncia arriva dalla Commissione dei saggi del comune di Milano istituita dal sindaco Giuliano Pisapia e presieduta da Nando Dalla Chiesa, che venerdì ha presentato la sua seconda relazione semestrale. Nel corso del 2012 ci sono stati appena tre controlli del gruppo interforze coordinato dalla Prefettura. Un dato che secondo Dalla Chiesa è “disarmante”. E che ha contribuito a creare un contesto favorevole ai clan. Per questo Palazzo Marino negli ultimi mesi ha messo in campo la propria polizia municipale in modo da effettuare ulteriori verifiche nell’area dell’esposizione universale. Di questa attività la relazione dà conto nella prima parte, per poi trattare nella seconda un tema indicativo della forte presenza della ‘ndrangheta sul territorio milanese, quello degli incendi a scopo intimidatorio: ben 278 in poco più di un anno e mezzo.
Riguardo alla carenza di controlli sugli appalti e sui cantieri Expo – precisa Dalla Chiesa – “non è che non ce ne siano stati da parte delle singole forze dell’ordine o di enti come l’Asl”. Ma a mancare sono quelli coordinati dalla Prefettura che impiegano polizia, carabinieri e guardia di finanza: “Sono questi lo strumento migliore perché garantiscono diverse competenze e una cooperazione ad ampio raggio”. Una cooperazione che invece sinora non c’è stata. Eppure i protocolli firmati dalle istituzioni per contrastare la criminalità organizzata, da soli, non bastano: “I protocolli servono – spiega Dalla Chiesa – se sono fatti rispettare”. E per questo i controlli sono un elemento essenziale.
Queste le raccomandazioni che il Comitato antimafia ha fatto sin dal suo insediamento alle istituzioni. Che però, fatta eccezione per il comune di Milano, sembrano non averle colte. Si legge infatti nella relazione che non è stata considerata “l’importanza di efficaci e tempestive misure di intervento nel caso di violazioni” del protocollo firmato a febbraio 2012 in Prefettura per contrastare le infiltrazioni in Expo e si è fatto “eccessivo affidamento sull’osservanza delle procedure formali”. Proprio per le carenze nelle verifiche del gruppo interforze, come detto solo tre in un anno, “il comitato – continua la relazione – riteneva che a questo punto si stessero producendo condizioni di contesto assai simili a quelle che avevano favorito l’ingresso a vario titolo delle imprese di ‘ndrangheta nei lavori delle Olimpiadi Invernali di Torino del 2006, ossia che a buone disposizioni protocollari si accompagnasse una assoluta episodicità delle attività di controllo”.
Nel corso di un sopralluogo compiuto lo scorso febbraio nei cantieri Expo dallo stesso Dalla Chiesa insieme al comandante dei vigili Tullio Mastrangelo “venivano riscontrate condizioni operative e di ‘vulnerabilità’ piuttosto differenziate, con particolare riferimento al movimento terra”. E che il rischio di infiltrazione della criminalità organizzata sia elevato, secondo il Comitato antimafia, è dimostrato anche da un episodio accaduto nella notte tra il 21 e il 22 ottobre 2012, quando un camion sfonda il cancello di ingresso di un cantiere, dove viene portato via un mezzo della ditta che ha l’appalto. Una vicenda esemplificativa di “un metodo di intimidazione mafioso”.
Per intervenire su una situazione giudicata disarmante, il comune di Milano nei mesi scorsi ha incaricato una task force della polizia municipale di eseguire verifiche nell’area Expo. Palazzo Marino ha poi firmato con i comuni di Rho, Pero, e Baranzate (tutti nelle vicinanze dell’area dove si svolgerà l’esposizione universale) un protocollo che consente ai rispettivi vigili di svolgere controlli anche al di là del proprio confine comunale. “E’ comprensibile che tutti vogliano correre verso il traguardo di Expo 2015, ma il nostro compito è impedire che ci entrino le organizzazioni mafiose”, commenta il presidente del Comitato antimafia, che oltre a Dalla Chiesa è composto da Luca Beltrami Gadola, Maurizio Grigo, Giuliano Turone e Ombretta Ingrascì, che ha sostituito Umberto Ambrosoli dopo la sua candidatura alle scorse regionali.
Tra i problemi rilevati non c’è solo quello dei controlli, ma anche la difficoltà a reperire tutte le informazioni necessarie per analizzare i rischi di infiltrazione a cui è esposta l’esposizione universale. E su questo punto non è mancata una stoccata alla società di gestione Expo 2015 spa. Quando il comitato ha chiesto le documentazioni dei cantieri, infatti, non è riuscito a ottenerle. “In un sistema che richiederebbe molta cooperazione, non c’è tutto il livello di cooperazione opportuno”, commenta Dalla Chiesa, che parla della “necessità di fare controlli in una strategia che venga condivisa, senza avere gelosie di competenze”.
La seconda parte della relazione analizza i dati dei vigili del fuoco sugli incendi e attraverso lo studio del contesto in cui si sono verificati arriva a un risultato allarmante: da inizio 2011 a ottobre 2012 sono ben 278 gli incendi dolosi appiccati a scopo intimidatorio dai clan nella provincia di Milano. A essere colpiti sono stati soprattutto pizzerie, ristoranti e negozi di generi alimentari. “L’incendio è il modo più antico con cui si manifesta la presenza di interessi mafiosi su un territorio – spiega Dalla Chiesa -. E’ molto preoccupante il loro numero e il modo in cui vengono sottovalutati”.
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