Il Cavaliere, nonostante le minacce, non sembra orientato a far cadere il governo in tempi brevi. Da un lato i sondaggi, dall'altro gli impegni presi con l'elettorato lo spingono alla parte dello statista. Per evitare un avvicinamento tra Pd, Sel e M5S. Almeno finché i processi non faranno saltare il tavolo
“Se Berlusconi viene interdetto cade il governo”. “Se Berlusconi sarà dichiarato ineleggibile cade il governo”. “Se non si riforma l’Imu entro agosto cade il governo”. Quanti “se” a forma di cappio al collo per un esecutivo di larghe intese che dovrebbe traghettare il Paese nella terza Repubblica con le riforme. Se si ascolta il Pdl, il premier Letta sarebbe destinato al crollo o un minuto prima di una eventuale interdizione di Berlusconi, oppure un minuto dopo la mancata cancellazione dell’Imu. E’ un ballo frenetico su giustizia e provvedimenti economici che fa paura a molti, ma a cui credono in pochi. Forse proprio nessuno.
Il principale indizio che si tratti di un gioco delle parti, sta proprio nel silenzio ufficiale del Cavaliere che in privato, con i suoi, auspica invece la lunga durata del governo. Ha lasciato ai big del Pdl il peso degli ultimatum che odorano di ricatto elettorale perché lui, Silvio Berlusconi, continua a ‘trattenersi’. Vuole sembrare responsabile, perché la linea dell’apparire “statista” paga, anche a livello di sondaggi. E promette bene anche per il futuro, con Napolitano che proprio ieri, dalle colonne del Messaggero, gli ha indicato la via maestra per evitare verdetti giudiziari definitivi; meno si alzano i toni, più la possibilità di una sentenza favorevole si fa più concreta. E se lo dice Napolitano…
Ecco, però, il Pd ci mette del suo a rovinare questo schema che Berlusconi ha già tracciato ampiamente nella sua testa: nessuna sconfessione dell’esecutivo Letta, anzi massima apertura e appoggio, almeno fino a quando non si sarà celebrato il rito della Cassazione sul processo Mediaset. A quel punto, si dovrà prendere la decisione. Certo, il clima non aiuta. E il Pd soffia sul fuoco. Ieri, a palazzo Grazioli, si è discusso ampiamente dell’intervista in cui il capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, si è scherato nuovamente contro l’eleggibilità del Cavaliere o una sua eventuale nomina a senatore a vita. Apriti cielo. Agli esponenti del Pdl non è parso vero di poter reagire contro quegli stessi democratici che pochi giorni fa – in nome della sobrietà chiesta dal premier – avevano puntato il dito contro la manifestazione di Brescia.
Il Pd, è stata da subito la richiesta, prenda le distanze. Silvio Berlusconi – racconta chi c’era – si è sfogato contro Zanda e contro l’atteggiamento dei colleghi della maggioranza ‘pacificata’. Qualcuno non ha ancora capito – avrebbe detto, nella sostanza – che noi nel governo ci stiamo con pari dignità, che non siamo ospiti e che senza di noi l’esecutivo non esisterebbe affatto. Detto questo, c’è il problema vero, quello dell’eventuale ineleggibilità che potrebbe scaturire da una condanna definitiva sul processo Mediaset. Il timore – infatti – è che su certi provvedimenti si saldino ‘maggioranze variabili’ insieme ai 5stelle. Già. Perché lo sanno – lo sperano? – tutti – anche se nessuno lo dice apertamente – che Napolitano non si dimetterà mai davvero lasciando in Paese (e i partiti) in braghe di tela. E che, soprattutto, a nessuno (ma davvero a nessuno) in questo momento piace l’idea di andare alle urne tra sei, massimo otto mesi.
Ormai, anche se se ne parla solo nelle segrete stanze, l’obiettivo è di “fare legislatura”. Con questo governo oppure… con l’incubo del Cavaliere, appunto un governo M5s/Pd/Sel. Napolitano sarebbe capace di tanto? Forse sì. Ecco perché, vista la situazione, in fondo l’esistenza del governo appare al momento come la migliore garanzia sul fronte della “sopravvivenza” sulla lunga distanza. D’altra parte, a palazzo Grazioli si fa molto affidamento sul ‘cappello’ del Capo dello Stato che anche ieri avrebbe mandato le sue ambasciate a Pd e Pdl invitando tutti ad abbassare i toni. Questo non vuol dire che l’ex premier non sia una bomba ad orologeria pronta a esplodere o che le mine disseminate sotto il percorso del governo non siano armate. Ma c’è da avere ancora un po’ di pazienza prima di far eventualmente saltare il banco e andare a cercare dal voto popolare la rilegittimazione che, secondo il Cavaliere, le toghe gli vogliono togliere attraverso le condanne.
Ci sono alcune date segnate in rosso nei prossimi mesi, nell’agenda del Cavaliere: per il 24 giugno è atteso il primo grado del processo Ruby, per inizio luglio quel pronunciamento della Consulta sul conflitto di attribuzione che potrebbe di fatto ‘azzerare’ il processo Mediaset e infine la sentenza definitiva della Cassazione su questo stesso procedimento, non prima di ottobre. Ed è a cavallo di queste ultime due date che si dovrebbero fare ‘i conti’. Sempre che Berlusconi non sbotti prima, visto che ci sono anche altri fronti (giudiziari) aperti come quello di Napoli e Bari.
Per il momento, dunque, il Cavaliere ha deciso per il basso profilo. Poche uscite pubbliche, l’essenziale, anche per evitare di lasciarsi scappare ciò che non dovrebbe dire. Non parteciperà a nessuna manifestazione elettorale se non quella per Gianni Alemanno il 24 maggio a Roma. Una decisione presa non solo su ‘pressione’ delle colombe, ma anche perchè dopo il malessere di Brescia, ci sarebbe una certa preoccupazione dei figli per la sua salute. In particolare Marina e Piersilvio gli avrebbero detto di mollare per un po’ la presa; l’età è quella. L’ufficio propaganza punta quindi sugli spot televisivi, registrati anche nel pomeriggio di ieri, o su interviste a emittenti locali. Nel frattempo, dunque, la parola d’ordine resta quella di tenere in vita il governo per cercare di ottenere i provvedimenti promessi dal Pdl in campagna elettorale. E le tante minacce servono solo a esercitare pressione sul Pd, non certo come ultimatum reali al fine di staccare la spina. Però, se il governo dovesse disattendere alcune “promesse” fatte dal Pdl al suo elettorato, allora su quelli – e solo su quelli – si potrà davvero mettere in discussione la vita dell’esecutivo. Oggi, però, una crisi sulla sostanza dei provvedimenti non è nelle cose, anche se il capogruppo Brunetta ha buttato, in qualche modo, la palla in tribuna, segnando per agosto la dead line per l’eliminazione dell’Imu. Ma da qui ad agosto, ci sono altre scadenze economiche importanti che potrebbero vanificare tutto il castello di carte creato dalla strategia di palazzo Grazioli. Perché il governo Letta potrebbe anche cadere da solo. Nonostante Silvio…