Sport

I’m going to the stadium. Come si vive il calcio a Londa

Andare allo stadio in Inghilterra è un’esperienza, andarci in Italia è una sofferenza (e lo sta diventando anche guardare le partite in televisione).

L’ultima partita che sono andato a vedere qui a Londra è stata Chelsea-Basilea, semifinale di Europa League. Prima grossa differenza con l’Italia, l’acquisto dei biglietti. Per ciò che mi riguarda avviene sempre on-line e funziona così. Vado sul sito ufficiale della società (in questo caso www.chelseafc.com) e grazie alla mappa interattiva dello stadio, so già come vedrò la partita. Inserisco i miei dati (indirizzo di casa e numero di carta di credito) ed in pochi giorni il biglietto mi viene recapitato. Nel caso questo non succeda (in due anni li ho sempre ricevuti), posso sempre stampare la ricevuta e farmeli stampare al botteghino il giorno della partita, prima di andare al pub, una specie di obbligo morale.

Si prendono un paio di pinte, si parla con gli altri tifosi e ci si rilassa. Attenzione, perché non tutto è oro quel che luccica. Nei pub intorno allo stadio (non solo quello del Chelsea, tutti gli stadi qui a Londra) non si può entrare se non si è “supporter” della squadra di casa. Non è che vogliono la tessera del tifoso, ma semplicemente controllano che il biglietto sia riservato ai tifosi di casa. Anche il giorno di Chelsea-Juventus (19 settembre 2012, Champions League), sono entrato con i miei amici al pub di fronte allo stadio (pur essendo italiano) essendo in possesso di un biglietto tra i tifosi del Chelsea.

Se ti dilunghi al pub fino a dieci minuti prima dell’inizio della partita, poco male. I posti numerati, sono posti numerati, ed il tuo seggiolino è lì ad attenderti, come succede quasi ovunque in Europa. Così come questa volta. A cinque minuti dall’inizio del match sono in fila con molte altre persone davanti al tornello che immette nel West Stand di Stamford Bridge (poca polizia fuori dallo stadio, zero perquisizioni dentro). Al calcio d’inizio lo stadio è tutto esaurito, ma il posto che ho comprato è libero. Mi siedo ed inizia lo spettacolo.

Ovviamente l’atmosfera è molto diversa rispetto agli stadi di casa nostra, molto più rilassata, ormai lo sappiamo. Ci sono tante famiglie e bambini. Probabilmente si incita meno la squadra. Stamford Bridge in particolare è molto silenzioso. Si canta poco. Il settore Matthew Harding (l’unico settore dove si guarda il match in piedi), incita un po’ di più blues, ma niente di speciale. Certo non si spreca nemmeno la voce per offendere l’altra squadra o per fischiare i giocatori di colore. 

Altra differenza. In tribuna (ovunque) non si bevono alcolici e non si fuma. Per bere ci sono i bar, proprio sotto le tribune, muniti di tv, per vedere quello che succede live a tre passi dalla propria birra e botteghino delle scommesse.

Stamford Bridge non è l’unico stadio silenzioso. Highbury, storico stadio dell’Arsenal, ora rimpiazzato dall’Emirates Stadium, negli anni si era addirittura guadagnato il nomignolo di “Library”.

Certamente le parole scritte non rendono bene quanto l’esperienza diretta dello stadio inglese (a proposito, se venite in vacanza a Londra, date un occhio ai calendari delle partite). In tutti i casi, quando si torna a casa l’unico motivo per il quale si può essere arrabbiati è il risultato. Almeno si ha la certezza di essere stati trattati tutti nello stesso modo. Non come quando all’ingresso dello stadio in Italia ti sequestrano l’accendino e durante la partita vengono esplosi comunque tre petardi a tempo.

Lorenzo Bettoni
twitter: @lorebetto