Dopo l'abbozzato dietrofront della giunta Merola sull'Asp unica, a Bologna 28 istituti tra asili e materne, insegnanti e genitori insieme, rimangono aperti per "protesta". "Abbiamo ricevuto solo rassicurazioni e nessuna certezza. Il Comune esca dal patto di stabilità e continui a garantire un servizio che funziona"
Le aule sono illuminate a giorno e nei cortili dei 28 istituti bolognesi che hanno aderito alla Notte bianca della scuola i bimbi giocano, entusiasti che la giornata con gli amichetti non sia ancora terminata. Ma all’interno il clima è ben diverso. Nelle aule, tra i banchi, genitori e maestre discutono del futuro della scuola dell’infanzia e dei nidi comunali. E il clima è teso, c’è preoccupazione. “Cosa ne sarà delle nostre dade?” si chiedono i tanti genitori che hanno aderito all’iniziativa organizzata per protestare contro il progetto del Comune di Bologna, deciso a trasferire, già a partire da settembre, il settore educativo all’interno dell’Asp, l’azienda pubblica dei servizi alla persona. Che sia una unica, come inizialmente aveva prospettato l’amministrazione del sindaco Virginio Merola, o che siano due, una delle quali dedicata esclusivamente al comparto nidi e infanzia, come annunciato il 15 maggio dall’assessore alla Sanità Luca Rizzo Nervo, poco conta: il progetto “non piace”, anche perché “non è chiaro cosa accadrà”.
“Noi genitori sappiamo che non ci sono soldi, ogni anno contribuiamo attivamente per comprare anche le più piccole cose, carta igienica, fazzoletti di carta, colori, fogli – racconta Alessandra, mamma di tre bimbi, due al nido, una alla materna – ma ciò che non ha prezzo per noi è la qualità dei servizi. Le scuole possono anche non essere perfette però le maestre sono brave, i nostri figli si trovano bene e temiamo che in futuro possa non essere più così. Mia figlia Sofia ha vissuto una bellissima esperienza alla materna, ora non so se i miei bimbi più piccoli a settembre avranno la stessa dada. E la continuità è importante, non solo a livello didattico, ma anche a livello umano. Si instaura un rapporto tra loro e le dade, ed è bene che venga mantenuto nel tempo”.
“Perché affidare un servizio che funziona a terzi? – si domanda invece Caterina Quareni, che ha due bimbi che frequentano le Scuole Dall’Olio, in via Monterumici, a Bologna – noi crediamo che il progetto Asp sia un mezzo che porterà alla privatizzazione, o quantomeno all’esternalizzazione della scuola. Ciò che più conta è la qualità del servizio educativo, qualità che però non ci è stata garantita, perché la Giunta non ci ha offerto elementi concreti”.
Per il momento il futuro del comparto 0 – 6 è piuttosto incerto. Il progetto, cambiato in tutta fretta dall’amministrazione Merola, che fino a qualche giorno prima sottolineava come l’Asp unica fosse “l’unico strumento” per “mantenere la qualità dei servizi educativi”e “stabilizzare gli insegnanti” causa Corte dei Conti e patto di stabilità, salvo poi cambiare rotta e provare la via di una doppia Asp, una per i servizi alla persona e una per la filiera educativa, del resto, sarà pronto solo tra due settimane.
Tanto che all’incontro del 15 maggio con i sindacati e le associazioni dei genitori, indetto dopo ben tre manifestazioni che hanno portato in piazza ogni volta circa 300 maestre, sono arrivate rassicurazioni ma “nessuna certezza”. “La nuova Asp – ha detto il Comune – servirà a sottolineare l’identità specifica dei servizi educativi, a riconoscere le professionalità di chi vi opera e sarà lo strumento per rendere ancor più evidente l’investimento sulla scuola bolognese da parte del Comune di Bologna”.
L’obiettivo primo, ha aggiunto l’assessore Rizzo Nervo, sarà “far uscire da una condizione di precariato diffuso le insegnanti e il personale”, e con i sindacati si avvierà “un percorso condiviso che porti ad affrontare le questioni relative all’apertura delle scuole a settembre, alla salvaguardia del bacino occupazionale e alla continuità educativa, con l’obiettivo di mantenere le stesse insegnanti nelle scuole con gli stessi gruppi di lavoro. Ma si punterà anche alla tutela dei diritti contrattuali e alla verifica condivisa del contratto da applicare ai nuovi assunti”. In che modo? “Intanto – spiega Rizzo Nervo al fattoquotidiano.it – assumeremo in Asp Irides 40 insegnanti, con la prospettiva di stabilizzare gli altri 34 iscritti alle graduatorie permanenti entro il 2014. Poi, entro i prossimi 3 anni assumeremo anche i restanti 400 precari, perché l’obiettivo di fondo che ci siamo dati è quello di superare un precariato che non è più tollerabile”.
In autunno, quindi, la nuova Asp per il comparto nidi – infanzia conterà circa 130 insegnanti a tempo determinato, per l’assunzione a tempo indeterminato, infatti, dovrà essere bandito un concorso, più le dade che seguono i bimbi diversamente abili. Intanto, sempre per settembre, le maestre delle materne comunali già assunte a tempo indeterminato che andranno in distacco all’Asp avranno il contratto scuola. “Sarà un distacco funzionale – spiega l’assessore alla Sanità – le insegnanti di ruolo avranno lo stesso contratto, quello della scuola. Per i nuovi assunti, invece, se si dovesse optare per quello degli enti locali si farà in modo di garantire alle maestre il medesimo trattamento”. Quanto alle risorse che il Comune investirà nel progetto, “non si andrà certo al risparmio – assicura – utilizzeremo tutti fondi che fino a oggi abbiamo destinato al comparto”.
Un dietrofront, insomma, rispetto al piano iniziale. D’altronde, dice proprio Rizzo Nervo, “chi non fa passi indietro, in avanti, o di lato è uno stupido. Tutti devono operare scelte che possano modificarsi nel tempo”. Più che altro, precisa, “questo è un ritorno all’idea iniziale, quella che avevamo inserito nel nostro programma. La legge regionale dice che ogni distretto può avere una sola Asp, ma abbiamo verificato con la Regione e ci è stato detto che l’obbligo riguarda solo i servizi socio sanitari, quindi abbiamo pensato a una seconda Asp, con un’identità specifica. Bisogna ammetterlo, di comuni che annuncino un percorso per il superamento del precariato non si sente parlare spesso”.
“Noi – rispondono però maestre, genitori e Usb, l’unione sindacale di base – non ci fidiamo molto delle promesse del Comune. Certo, prendiamo atto che l’amministrazione ha riflettuto dopo le nostre manifestazioni ma per il momento non bloccheremo la mobilitazione. Ciò che abbiamo ricevuto sono solo dichiarazioni che, per quanto positive, non corrispondono a un progetto concreto. Aspettiamo di vedere cosa accadrà, in fondo si dicono tante cose…”.
“Ci hanno detto che questa ‘scatola’ è l’unica soluzione – commenta una maestra – noi però chiediamo garanzie sia per i nostri precari, sia per i nostri bambini”. “Il problema è il patto di stabilità? Che il Comune ne esca, allora. Che il governo escluda le dotazioni finanziarie destinate alla scuola dell’infanzia e ai nidi comunali dai vincoli che li bloccano. Non possiamo credere che Bologna, che ha sempre avuto un’ottima gestione della scuola, scelga di cederla a un ente terzo. L’amministrazione deve unirsi a noi e rivolgere un appello allo Stato”. “O forse – domanda una mamma – questo dietrofront è solo propaganda?”.