Secondo un'anticipazione di Repubblica, sarebbe già pronta l'ordinanza che chiede alla Consulta di pronunciarsi sulla legittimità della legge elettorale varata nel 2005. Alla base, il ricorso di 27 cittadini che ritengono la norma irragionevole e incostituzionale, in particolare per l'assenza del voto di preferenza e per il meccanismo del premio di maggioranza
Sulla legittimità del Porcellum sarà chiamata a pronunciarsi la Corte costituzionale. Lo anticipa oggi Repubblica, in un articolo secondo il quale la Corte di Cassazione avrebbe già pronta un’ordinanza che accoglie il ricorso di 27 cittadini che illustra i punti dolenti della legge elettorale varata nel 2005, in particolare sul meccanismo di assegnazione del premio di maggioranza. Meccanismo che sia alla Camera che al Senato porta, secondo i ricorrenti, a una distribuzione dei seggi irragionevole e incongruente rispetto al numero di voti effettivamente ottenuti da partiti e coalizioni.
L’ordinanza che accoglie il ricorso confezionato dall’avvocato Aldo Bozzi con i colleghi Giuseppe Bozzi e Claudio Tani, scrive Repubblica, dovrebbe essere resa nota nelle prossime ore. E stabilirebbe appunto che solo la Corte costituzionale può pronunciarsi sui rilievi mossi. Ci vorranno comunque parecchi mesi prima che la Consulta riesca a intervenire, eventualmente, là dove la politica continua a fallire. La legge elettorale pensata dal leghista Calderoli e da lui stesso definita una “porcata” è stata infatti contestata fin dalla nascita. In particolare, per la mancanza del voto di preferenza ai candidati, con i parlamentari sostanzialmente “nominati” dai partiti, e per il meccansmo farraginoso del Senato, dove i premi di maggioranza attribuiti su base regionale minano l’uguaglianza del voto dei cittadini e la governabilità (uno dei rilievi mossi dall’avvocato Bozzi).
Nonostante i ripetuti appelli del presidente Napolitano nell’ultima fase della scorsa legislatura, il Porcellum è rimasto in vigore e ha contribuito a determinare il risultato confuso delle ultime elezioni. E dopo il voto, è stato proprio il presidente della Consulta Franco Gallo a definire di “dubbia costituzionalità” la norma che ha determinato il risultato delle elezioni del 2006, del 2008 e del 2013.