Grillini come microbi che ammorbano la democrazia; parallelismi con le più feroci dittature al mondo; lodi ai partiti tradizionali e richiami alla puzza di fascismo: che sia stato chiesto al 19enne Rocco Grillo di argomentare la somiglianza tra suo padre Beppe e Kim Jong Un rende solo il tutto più grottesco. Ma anche trascurando questo aspetto, la “traccia B” – confezionata dal liceo scientifico Martin Luther King di Genova per preparare gli alunni al tema di maturità – pare pensata dal ghostwriter di Bersani. Perché la prova scritta che gli studenti della quinta superiore hanno trovato sui banchi, doveva basarsi sugli estratti di cinque articoli pubblicati dai maggiori quotidiani italiani negli ultimi mesi. E tra questi nemmeno uno – come ha denunciato lo stesso Grillo ieri su La Stampa – era, se non favorevole, neppure neutro verso il Movimento Cinque Stelle.
Grillo jr, un po’ per fastidio e un po’ per sfida, si è cimentato proprio su questa traccia, che già dal titolo (“Voto di protesta o voto di crisi”) non concepiva proprio l’opzione C, e cioè che l’elettore a Cinque Stelle potesse essere andato alle urne convinto della propria scelta. “Essendo un saggio breve potevamo criticare gli articoli, e Rocco li ha smontati uno per uno. Quello più grave era l’editoriale di Giuliano Ferrara, sottotitolato ‘Una setta sottomessa alle Dea rete’”, racconta un compagno di classe. “Sono leggeri come ultracorpi, body snatchers, invadono lo spazio pubblico clonandosi e moltiplicandosi”, scriveva il direttore del Foglio.
E ancora: “Si comportano come una setta, custodiscono da sé il loro stesso anonimato, consegnano le loro idee personali a una opacità statutaria, a un individualismo che fa di te uno nella folla, nella rete uno conta per uno, cioè non si dialoga, non ci sono mediazioni, non esistono maggioranze e minoranze, è un mondo di coscienze isolate e sottomesse a un portavoce profetico”. Il fondo di Ferrara – ha scritto Rocco nel suo tema – va preso come esempio di giornalismo obiettivo e imparziale, proprio del 21esimo secolo. E se l’ironia ereditata da Beppe è bastata a neutralizzare la carica dell’Elefantino, il ragionamento si è fatto più complesso per contrastare le teorie di Massimo Gramellini.
Scriveva il vicedirettore de La Stampa: “Che alla base di tutto ci sia la rabbia della gente è ovvio, ma ciò non spiega perché la protesta sia andata tutta in direzione di Grillo, al punto che gli altri partiti antisistema, anziché essere premiati per la durissima opposizione al governo Monti, hanno tutti preso una legnata storica”. L’obiezione, in questo caso, è stata che nessuno dei partiti citati, come dimostrano le alleanze e la storia, può dirsi davvero antisistema. “E poi perché parlare solo di rabbia? È così difficile credere che si possa convergere sul M5S per un’autentica voglia di cambiamento?”, avrebbe ribattuto il ragazzo.
“Un articolo critico, anche per completezza, ci poteva stare, ma non cinque su cinque”, spiega una compagna di classe. Tra gli altri spunti c’era infatti l’intervista al più agguerrito dei dissidenti grillini, il deputato Tommaso Currò, quella in cui temeva che il Movimento potesse trasformarsi in propaganda, “e la propaganda puzza di fascismo”. Poi lo stralcio in cui l’onorevole si ribellava al capo: “Non siamo automi, e neanche bambini. Nessuno ci può svuotare della nostra personalità politica. Diversamente diventiamo schiavi di un manovratore”. E non poteva mancare Pierluigi Battista, tra le firme più avverse a Grillo del Corriere della Sera, che paragonava i metodi dei Cinque Stelle a quelli di moda in Corea del Nord: “Ululare contro il Parlamento in quanto tale, gridare al golpe se la maggioranza del Parlamento esprime un parere contrario, minacciare una grottesca marcia su Roma, intestandosi arbitrariamente la volontà di un Popolo ‘offeso’, non è solo un’esasperazione smodata nei toni. È invece il segnale di un’estraneità ai metodi e ai princìpi della democrazia rappresentativa”.
Finita la prova, Grillo jr non è stato l’unico a uscire perplesso dalla classe. Un bel po’ di studenti hanno infatti protestato con la professoressa d’italiano, che si è subito dissociata dall’impostazione del tema (“Lei non c’entra, è supplente e precaria, la scelta è stata dei prof di ruolo”, spiegano gli studenti). Anche le proteste della famiglia Grillo col preside dell’istituto (che oltretutto è pubblico) sono state liquidate con una risata e col tentativo di quest’ultimo di sdrammatizzare. Eppure il tema è stato affrontato da 10 classi, dove tutti gli studenti sono maggiorenni e hanno quindi diritto al voto. Per finire in bellezza i prof hanno incluso, tra un Ferrara e un Battista, anche parte del discorso del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, pronunciato dopo la rielezione. Quello in cui il presidente lanciava un monito contro chi si contrappone a “forme di organizzazione politica quali storicamente sono da ben piu di un secolo e ovunque i partiti”. Quelli tradizionali, s’intende. Resta solo da vedere, quando il tema verrà riconsegnato, se almeno il diritto di critica è ancora permesso agli studenti.
Da Il Fatto Quotidiano del 17 maggio 2013