Su "FtM Italia: Stop" i video per raccontare la transizione da un corpo maschile a uno femminile (Mtf) e viceversa (Ftm). "In Italia non esiste un'adeguata informazione a riguardo e il pesante retaggio cattolico accetta solo il modello eteronormativo", spiega l'ideatore del progetto. Eppure nel nostro Paese ci sono circa 50mila persone trans
Sono nati in corpi di donna ma si sentono uomini: cambiare sesso è il loro desiderio più grande. Hanno tra i 18 e i 28 anni, si fanno chiamare Jacopo, Red, Cristopher, Massimo, e hanno deciso di raccontare le loro storie sul canale YouTube “FtM Italia: Stop”. I loro video sono finestre su un mondo che per molti resta sconosciuto, quello della transessualità, considerata spesso – erroneamente – sinonimo di devianza e trasgressione. Questi ragazzi in transito da un corpo femminile a uno maschile – in gergo si dice “Ftm” cioè “Female to male“, da donna a uomo) – raccontano la loro quotidianità prendendo spunto da esperienze di comunicazione in voga negli Stati Uniti e in Inghilterra.
“Abbiamo deciso di creare questo canale Youtube perché abbiamo pensato che fosse necessario avere una piattaforma informativa su questa tematica anche in Italia – spiega Jacopo, 25 anni, tra gli ideatori del progetto – In un anno abbiamo avuto oltre 51mila click e moltissime persone ci hanno scritto per sostenerci, farci coraggio e chiedere informazioni, sia per se stesse sia per parenti o amici”. Prendere coscienza della propria transessualità non è semplice anche a causa del fatto che non esiste un’adeguata informazione in merito nei media mainstream. Sull’argomento, infatti, grava una cappa di ignoranza alimentata dal pesante retaggio cattolico che non ammette “digressioni” al modello eteronormativo (termine che descrive le norme secondo cui le persone appartengono solo a due generi opposti e complementari, maschio e femmina, con distinti ruoli nella vita, ndr) dominante.
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Questo accade nonostante in Italia ci siano circa 50mila persone transessuali: il 30 per cento Ftm, il 70 per cento sono Mtf (Male to female, da uomo a donna). Il passaggio da donna a uomo, in particolare, resta ancora un tabù. Negli Ftm, una volta completata la transizione, quando cioè sono trascorsi più di due anni dall’inizio delle iniezioni di testosterone ed è stata fatta l’operazione per asportare l’utero (isterectomia), – necessaria per il cambio di documenti – non c’è più “tracciabilità” fisica. Il che significa che nessuno è in grado di vedere indizi femminili in un corpo ormai trasformato. Il percorso per cambiare sesso prevede che uno psichiatra certifichi che il transessuale ha la cosiddetta “disforia di genere”, un disordine incluso nel Manuale di diagnostica e statistica delle malattie mentali (Dsm), testo fondamentale della psichiatria. “Io ho cominciato gli incontri con la psicologa molto presto, già a 16 anni, anche se avevo 5 anni quando ho iniziato a capire che qualcosa non andava – racconta Cristopher, ora diciottenne. – E’ stata mia mamma ad accompagnarmi la prima volta, sono stato fortunato in questo. Anche in classe non ho avuto problemi: con l’aiuto delle professoresse ho spiegato ai miei compagni quel che mi stava accadendo e loro hanno capito. Da qualche mese ho cominciato la cura ormonale e si vedono già i primi risultati”.
Cristopher è un’eccezione: spesso i genitori non voglio né vedere né accettare la situazione. Come la mamma e il papà di Jacopo che all’inizio “sono impazziti. Poi, dopo anni, finalmente, hanno capito. Ma gli altri parenti non sanno ancora nulla. Per questo ho preferito andarmene dalla città dove vivevo, Lecce. Ora abito a Roma e non ho particolari problemi: lavoro come infermiere, ho una fidanzata e voglio una vita normale. Prima o poi mi sposerò (i transessuali, infatti, una volta compiuta la transizione, possono sposarsi in Comune, ndr) e magari avrò un figlio. Anche se non sarà mio biologicamente credo che non mi importerà”.
Al matrimonio pensa anche Red, 24 anni, che abita vicino a Bari e si veste e comporta da uomo, pur non avendo ancora cominciato a prendere ormoni, senza curarsi di quello che pensano parenti e conoscenti. La sua presa di coscienza risale a un paio di anni fa e lui sta cercando di viverla nel modo più sereno possibile. Massimo, 28 anni, ha invece dovuto cambiare città per colpa dell’intolleranza dei vicini. Viveva nella periferia di Roma e per anni è stato vittima di bullismo. “La mia famiglia ha deciso di andarsene dopo che mio fratello è stato accoltellato perché ha cercato di difendermi quando mi insultavano i ragazzi del quartiere. Purtroppo c’è ancora moltissimo razzismo nei confronti dei transessuali”.