Mancano pochi giorni al 23 maggio, 21° anniversario della morte di Giovanni Falcone quando Cosa Nostra fece saltare in aria un’autostrada intera per distruggere quello che in quegli anni era il simbolo di lotta alla mafia. Suo malgrado, la mafia, invece di seppellire sotto le macerie l’antimafia, la fece nascere ancora più forte sotto il grido di “non li avete uccisi, le loro idee camminano sulle nostre gambe”. Sembra però che in questi ultimi anni quelle gambe abbiano incominciato a tirarsi calci facendosi sgambetti a vicenda. Nata l’antimafia, con essa si sono moltiplicate le malelingue che già pervadevano i corridoi dell’allora procura palermitana.

Chi non ha mai sentito dire che uno scrittore di libri sulla mafia lo fa solo per soldi? Per arricchirsi alle spalle delle vittime di cui scrive, dicono. E magari diventa tanto famoso da finire in televisione o diventare una firma per qualche grande giornale. Per non parlare di chi si è messo in testa di prendere i beni confiscati e riutilizzarli a fini sociali: cooperative che lucrano sul puro volontariato, si dice.

L’antimafia delle parole e l’antimafia dei fatti. C’è chi non sa far altro che organizzare convegni pomposi per finire sui giornali, ma in fin dei conti non produce niente di sostanzioso: altre malelingue.

Quelli che denunciano, quelli sì che che combattono davvero la mafia. Se non fosse che vengono dimenticati dagli stessi che li esaltano nel momento in cui mancano leggi per dar loro la possibilità di una seconda vita. E allora succede che vengon minacciati e messi sotto scorta. Ma è solo per questo che creano ammirazione, in realtà non fanno niente di che, continuano le voci. Per non parlare di questo stesso post in questo blog nato grazie alla mia attività antimafia: tutto solo per visibilità dicono alcuni.

I magistrati negli anni ’90 non smettevano di ripetere che per combattere la mafia ci vuole un esercito di insegnanti.

E lo scrittore o il giornalista che informano non sono forse insegnanti con le loro piccole storie? Chi organizza convegni non lo fa per divulgare ancor di più queste informazioni? Chi è sotto scorta non è davvero minacciato? Non possono esistere persone che vogliono mettere il proprio ingegno e le proprie passioni al servizio di tutti? Davvero non esistono politici che vogliono cercare di migliorare le norme che contrastano o prevengano le infiltrazioni mafiose?

Maledetto quel Paese che ha bisogno di eroi, ma per non averne c’è bisogno che ognuno si metta in gioco personalmente, sia l’eroe di se stesso e protagonista del proprio presente per preservare il futuro di tutti.

A 21 anni dalle stragi è ora che smettiamo di rappresentare un’antimafia che sotto sotto fa la guerra a se stessa. Chiudiamo le serrande dell’invidia e mettiamoci ognuno a disposizione e in collaborazione con gli altri. Qualsiasi strada si percorra, la meta deve essere per tutti una sola: la sconfitta del sistema e, ancor di più, della cultura mafiosa.

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