"Forse meglio affidare la gestione all’autorità giudiziaria?", si chiedono alcuni giornalisti e impiegati della divisione Periodici del gruppo del Corriere della Sera in una delle fasi più delicate dell'azienda
Che lo vogliano o meno i grandi soci del Corriere della Sera, la crisi della Rcs potrebbe passare da un Tribunale indipendentemente dagli esiti dell’assemblea del 30 maggio sull’aumento di capitale da 400 milioni di euro. “Un gruppo di lavoratori, tra giornalisti e impiegati, della Divisione periodici di Rcs Mediagroup, intende presentare un esposto alla magistratura, chiedendo una verifica della effettiva solvibilità del Gruppo, il controllo del conflitto d’interesse fra posizioni debitorie e posizioni creditorie, la reale possibilità di saldare i debiti con mezzi ordinari o la necessità di aprire procedure concorsuali”, si legge in un comunicato non sindacale inviato alla stampa da alcuni giornalisti del gruppo che edita il Corsera.
“Ove si proceda, per iniziativa della magistratura, alla verifica del passivo (se sia o meno rimediabile) potranno essere poi valutati anche possibili responsabilità, civili e/o penali (in particolare se nell’acquisizione Recoletos siano rintracciabili profili di reato) – continua la nota -. Era congruo il prezzo pagato da Rcs nel 2007 per Recoletos? Le svalutazioni effettuate nel biennio 2011-2012 del valore di avviamento di Recoletos sono state solo la conseguenza di un ridimensionamento delle aspettative di mercato, o nascondevano anche errori di valutazione o addirittura poste gonfiate artificialmente a fini illeciti?”
“E infine, è stato lecito liquidare il precedente amministratore delegato della Rcs con un bonus di 3,4 milioni a fronte dei risultati da lui conseguiti in sei anni di gestione? Risultati che si possono riassumere così: un patrimonio netto di gruppo ridotto di tre quarti a 270 milioni; un indebitamento finanziario aumentato di oltre venti volte a più di un miliardo – conclude la nota -; il ricorso a due stati di crisi pagati con i soldi dei contribuenti e dell’Inpgi; e da ultimo l’annunciata cessione del patrimonio immobiliare e la cessione o chiusura di dieci testate, a dispetto degli impegni presi con le controparti sindacali per beneficiare dei fondi previsti per il piano di riorganizzazione”.
L’ennesimo colpo alla già precaria situazione della casa editrice arriva in giornate piuttosto convulse. Non più tardi di venerdì sono state formalizzate le dimissioni di Giampiero Pesenti dalla presidenza del patto di sindacato che ha in mano il controllo della società. Una decisione, quella del patron di Italcementi proprietario di oltre il 7% dell’editrice, che è arrivata dopo settimane di tentennamenti sulla sottoscrizione di una ricapitalizzazione svantaggiosa per gli azionisti di Rcs che non avranno la liquidità sufficiente per sottoscriverla, in quanto ne usciranno molto diluiti. Il vantaggio, secondo Diego Della Valle, sarebbe piuttosto per le banche creditrici cui andrà subito la metà dell’incasso e che, secondo quanto rilevano i dipendenti in rivolta, riceveranno indietro i loro soldi “con tassi applicati che variano dal 5,4 al 6% quando il costo medio dei prestiti in Italia per finanziamenti oltre il milione di euro è del 3,54% (fonte Sole 24ore). Forse meglio affidare la gestione all’autorità giudiziaria?”. Proprio su questo fronte secondo la stampa specializzata in questi giorni si sono riaperte le trattative tra l’azienda e le banche, dove lo scoglio più duro sembra quello di Unicredit e le scadenze sono agli sgoccioli, mentre per la divisione peridioci e le sue 10 testate strette tra la cessione e la chiusura, il tempo limite è fissato al 30 giugno.