Cultura

Grillo e la mentalità dell’alveare

L’infinita discussione sulla diaria, sui rimborsi spese, sui privilegi sta assorbendo tutta l’energia dei parlamentari del Movimento 5 Stelle in questa prima fase. La rivoluzione è rimandata. La democrazia diretta della rete e il processo decisionale in apparenza lineare e trasparente – evviva lo streaming – sono in realtà farraginosi e circolari. Tutto questo lo aveva già intuito Vincenzo Latronico che nel suo libro appena uscito per Bompiani racconta “La mentalità dell’alveare” (208 pag., 12,50 euro). Latronico ha 28 anni e ha già scritto un romanzo importante, “La cospirazione delle colombe”, ora passa al pamphlet narrativo, non un saggio ma un racconto, “perché non volevo parlare dei principi generali, ma dell’effetto che questi principi potrebbero avere nel particolare, sulla vita di chi li applica o di chi li subisce”.

Da Berlino, dopo le elezioni di febbraio, ha scritto in fretta “La mentalità dell’alveare” per rispondere a chi si entusiasmava per le novità emerse dalle urne. I riferimenti letterari sono due, uno esplicito, a Elias Canettti di Massa e potere, l’altro non dichiarato ma presente, Arthur Koestler con Buio a mezzogiorno, il populismo e l’ideologia sovietica che porta alla confessione anche l’innocente.

Nel presente prossimo di Latronico, tra 2013 e 2014, la Rete dei Volenterosi è il partito di maggior successo. L’ha fondata un ex presentatore televisivo, Pino Calabrò, passato dalla difesa dei consumatori alla politica. La sua piattaforma è l’Alveare, un sito-blog dove i Volenterosi discutono e votano, sottoponendo gli eletti a periodico scrutinio il cui esito negativo implica le dimissioni. Non c’è fantapolitica, Latronico non vuole costruire una distopia o divertirsi a immaginare le conseguenze del grillismo-Alveare al potere. Il suo scopo è raccontare cosa comporta la rinuncia alla propria individualità in nome di un processo decisionale collettivo. L’enfasi non è sul guru, Pino Calabrò appare poco nel libro, è soltanto un garante dell’Alverare. Quello che interessa a Latronico è la democrazia della rete, la piazza virtuale che dovrebbe smascherare ipocrisie e scandali e invece costruisce una realtà artefatta e manipolabile. I protagonisti sono due Volenterosi, Camilla e Leonardo, il libro comincia col loro matrimonio e finisce con il divorzio.

La Rete dei volenterosi ha fatto approvare la non pignorabilità della prima casa (uno dei punti del Movimento cinque stelle), come risultato inevitabile i mutui sono diventati molto più costosi. Leonardo e Camilla trovano la scappatoia: comprando una piccola quota di un altro immobile, riescono a far risultare la loro prima casa come seconda, ottenendo così dalla banca un prestito molto più vantaggioso, perché è meno rischioso prestare a chi ha due immobili come potenziale garanzia invece che a chi ha solo quello su cui paga il mutuo. L’idea è efficace – un po’ disinvolta, ma tanto il danno è tutto per le banche cattive – e Leonardo la trasforma in una associazione che, gratis, offre servizi alle giovani coppie in cerca di un mutuo.

La Rete dei Volenterosi però gli impone di non divulgare la scoperta: risulterebbe una critica implicita alla legge sulla non pignorabilità voluta dal movimento. Ma scoppia lo scandalo: Leonardo parla della sua associazione in un articolo sul Guardian, con cui collabora, e nell’Alveare comincia il processo. Latronico non è un filosofo della politica o un sociologo, non si dilunga in analisi sul comportamento delle masse, ma dimostra in modo narrativo un concetto semplice: nell’Alveare non prevale la verità, ma il metodo Google, vince l’idea più condivisa, secondo una valanga cognitiva che travolge ogni tentativo di sopravvivenza individuale.

Come il Rubasciov di Koestler, Leonardo non è un dissidente: non ha fatto nulla di trasgressivo, non ha sfidato il Capo e rispetta le logiche dell’Alveare, le condivide perfino quando ne finisce stritolato, non sposta la sua battaglia per la sopravvivenza fuori dalla piattaforma, per esempio parlando ai giornali. Come Rubasciov vorrebbe affermare la verità, che lui sa essere tale, anche per dimostrare che l’Alveare non è ingiusto, che è efficiente, che non può commettere errori.

Ma è tutto inutile: più ricostruisce i dettagli della sua “colpa”, post dopo post, commento dopo commento, più viene travolto dalla furia dell’Alveare che giudica senza processare.

Il sollievo, per Leonardo, arriva solo con la confessione del crimine che non ha commesso e con le scuse: i dettagli non servono, chiede perdono per aver aperto un’associazione (alla fine non si capisce più se il problema era l’attività, cioè aggirare le banche, o la presenza del link all’Alveare nel sito), si duole di aver stabilito un rimborso spese di 500 euro per sé e una collaboratrice, certe cose ti rendono subito “casta”. E racconta di essersi separato dalla moglie Camilla, la cui carriera di cittadina eletta può continuare, a fianco di un nuovo compagno, almeno in apparenza più fedele all’Alveare.

Vincenzo Latronico non è animato da pregiudizi o scetticismo verso il Movimento 5 stelle – Rete dei Volenterosi: le politiche che attribuisce al suo Pino Calabrò – Beppe Grillo hanno un certo successo, riducono perfino lo spread. Ma tutto ha un prezzo: come ripetono sempre i Cinque Stelle – Volenterosi, se vuoi stare nel gruppo devi accettarne le regole. E vivere e pensare soltanto secondo la “mentalità dell’alveare”.