Ho conosciuto l’avvocato Aldo Bozzi due anni fa, al Palazzo di Giustizia di Milano dove mi ero recata per assistere all’udienza conclusiva della causa intentata da un gruppo di avvocati e giuristi contro la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell’Interno. I ricorrenti rivendicavano il proprio diritto di cittadini a esercitarne compiutamente un altro: quello di voto. Un diritto che trova origine nella Costituzione e che Bozzi e i suoi compagni d’avventura lamentavano essere gravemente leso a causa della legge n.270 del 21.12.2005, meglio nota come legge “porcellum”.
Ero l’unica giornalista presente e fui l’unica a scrivere di questa iniziativa sul Fatto.it, l’11 marzo 2011. A nessuno dei grandi media interessava, evidentemente, approfondire le ragioni che avevano spinto persone moderate ma animate da una forte passione civile a intentare una causa contro un pezzo dello Stato per garantire il diritto dei cittadini a eleggere i propri rappresentanti, invece che vederli nominati dai partiti, e ad avere un Parlamento coerente, nei numeri, ai voti effettivamente espressi dai cittadini, invece che falsati da un premio di maggioranza abnorme.
Quella volta a Bozzi andò male, così come era successo in una prima causa intentata nel 2008, e come successe di nuovo nel giudizio di appello, nella primavera del 2012.
Ma l’avvocato e giurista nipote dell’omonimo deputato liberale che partecipò alla Costituente, dallo zio non ha ereditato solo la passione civile ma un’indiscutibile caparbietà, dunque non si è arreso ma ha fatto ricorso in Cassazione. Il risultato è sulle pagine, oggi, di tutti i quotidiani e nei primi titoli di ogni tv: la Corte di Cassazione ha accolto le ragioni dei ricorrenti e ha rinviato alla Consulta, per incostituzionalità, il famigerato “porcellum” .
Moderato anche nell’esprimere la propria giustificata soddisfazione, l’avvocato Bozzi oggi mi dice: “Sono contento perché, dopo anni in cui in Tribunale e in Appello siamo stati irrisi, finalmente abbiamo avuto giustizia. Anzi, hanno avuto giustizia i cittadini italiani che possono sperare di tornare a votare con una legge equa. Anche se, a questo punto, speriamo che non ci costringano ad andare a discutere la questione alla Consulta: che sia il governo a fare la nuova legge, e in fretta”.
Ma questo obiettivo sembra difficilmente raggiungibile: Berlusconi ha tutto l’interesse a tenere in vita il più a lungo possibile l’oscena legge targata Calderoli, a godere dei suoi frutti avvelenati tornando al voto, sondaggi alla mano, in tempi certamente più brevi di quelli previsti dall’iter giuridico avviato con la sentenza della Cassazione.