Non bevevo vini dolci, non so perché. Va bè, lasciamo stare le citazioni subliminali alla Raz Degan (ma che fine ha fatto?). Sarà colpa dei moscati dozzinali con cui mi sono scontrato in giovane età, di un palato settato sulle sapidità, o degli assaggi sbagliati, ma anche ai tempi del corso Ais – al netto di qualche bel Marsala – troppe cose mi sembravano davvero stucchevoli. Persino presunti, prestigiosi, viscosissimi Sherry che avrei dovuto applaudire, o sua maestà il Sauternes.
Poi è arrivato il dolce non dolce: la Malvasia di Bosa di Battista Colombu e ho vacillato, anche perché parliamo di un vino-filosofia; di qualcosa che si astrae dal contesto e che ti lascia a bocca aperta. La Malvasia per me è il vitigno chiave di molte svolte: nei secchi amo visceralmente quella del Carso per esempio. E quella delle Lipari mi ha aperto il mondo dei vini dolci più di qualsiasi altro, perché ci trovo un fattore per me determinante anche in questi vini: la grande beva.
Ma l’oziosa storiella personale non l’ho fatta perché alla ricerca di un biografo, ma per sistematizzare alcuni assaggi e gusti e per proporre qualche vino che ho imparato ad apprezzare. Una selezione che viste le premesse non alcun valore esaustivo. Anzi accetto volentieri suggerimenti e scambi d’impressioni sulla tipologia.
– Malvasia delle Lipari di Paola Lantieri (Vulcano): ovvero il sole e il mare in un bicchiere, per usare una formula ruffiana e a effetto. Dalla prima vendemmia del 2006 una crescita impetuosa per un vino fantastico per complessità olfattiva e freschezza.
– Marsala Superiore De Bortoli 10 anni: Sicilia rulez atto secondo. De Bortoli è una certezza e lo è diventata anche per me con un vino che è un tripudio gusto-olfattivo. Giuro di aver sentito la noce…
– Aleatico dell’Elba Acquabona: ancora il mare e i suoi miracoli per un rosso da resa bassissima con un profilo aromatico vastissimo e una grande mineralità. Se esiste il vino da meditazione, abita da queste parti.
– Chaudelune di Cave de Vin Blanc de Morgex et de La Salle: al suo primo assaggio, qualche anno fa (nella fase intransigente) non mi emozionò. Errore. L’Ice-wine italiano (Vin de Glace per non fare incazzare la burocrazia) fatto con il Prié Blanc, è un tripudio di note speziate che va saputo attendere. E ha una salinità montagnola che fa la differenza.
– Breganze Torcolato Riserva Sarson 2007 di Contrà Soarda: quelli bravi e con esperienza mi dicono che il Torcolato sia stato abbastanza rovinato da un’eccessiva produzione nel decennio scorso, ma questa bottiglia è andata via che è un piacere, nonostante la dominanza di frutto tropicale che personalmente soffro un po’.