Adesso le alternative per il futuro dello scalo riminese sono tre: la strada del fallimento nel caso di nuove istanze dei creditori; il commissariamento governativo; una nuova richiesta di concordato questa volta con dei soldi veri, e subito disponibili, da mettere sul piatto
Ora è appesa a un filo la sorte dell’aeroporto di Rimini. Il tribunale di Rimini ha bocciato l’istanza di concordato di continuità presentata due mesi fa dalla società di gestione Aeradria per tentare di uscire da almeno 47 milioni di euro di debiti via via accumulati negli ultimi anni.
Il collegio dei giudici della sezione fallimentare presieduto da Rossella Talia ha rigettato l’istanza con un decreto di 16 pagine che, per la compagine del “Federico Fellini”, stronca la procedura di salvataggio prevista dal decreto Sviluppo del governo Monti.
Attesa da giorni, la ‘sentenza’ arriva come una doccia gelata anche perché nel frattempo avanza l’inchiesta penale che, parallelamente alla questione del concordato, il sostituto procuratore Gemma Gualdi sta conducendo indagando il Cda di Aeradria per falso in bilancio e violazione della legge fallimentare.
Per il tribunale civile, in ogni caso, il gestore di Miramare non possiede più i requisiti contabili e giuridici per andare avanti. Adesso le alternative sono sostanzialmente tre: si apre la strada del fallimento nel caso di nuove istanze dei creditori (che avrebbero avuto l’ultima parola sul concordato nel caso i giudici l’avessero concesso) o della procura; si procede verso il commissariamento governativo (la concessione totale e trentennale chiesta dallo scalo riminese sarebbe stata concessa solo in caso di esito positivo sul concordato); verrà presentata una nuova richiesta di concordato questa volta con dei soldi veri, e subito disponibili, da mettere sul piatto.
Perché i giudici hanno negato il concordato? Posto che i documenti inviati da Gualdi e dal maggiore del nucleo della polizia tributaria della guardia di finanza Marco Antonucci non possono essere vincolanti per il collegio- e posto che, a differenza della tesi della procura, per i giudici Aeradria è una società di diritto privato ancorché controllata dagli enti pubblici (Provincia di Rimini in testa)- bisogna entrare nel merito del concordato. Il piano (passeggeri dimezzati da un milione a 550 mila all’anno) prevedeva nuove risorse versate dai soci pubblici pari a 7,697 milioni di euro secondo le ricapitalizzazioni già votate, con la richiesta al tribunale di poter contrarre finanziamenti prededucibili (garantiti all’80%) da trasformare poi in veri e propri aumenti di capitale (2,6 milioni per sopravvivere fino a giugno). Questo ‘castello’, però, la legge fallimentare non lo prevede. Non solo. C’è anche la legge 122 del 2010, che contiene “l’espresso divieto per gli enti locali (in particolare Province e Comuni) di procedere ad aumenti di capitale ed a trasferimenti straordinari a favore di quelle società partecipate che, come Aeradria, abbiano riportato perdite per tre esercizi successivi”.
Alla fine, la risposta di Talia e colleghi poteva essere solo questa: “Non si possono autorizzare i soci a contrarre finanziamenti prededucibili, così come chiesto da Aeradria. Tanto meno può farlo l’ente pubblico, socio di maggioranza, alla presenza di tre bilanci negativi”. E se i soci continuano da anni e soprattutto negli ultimi mesi a parlare di apertura ai privati da parte di Aeradria intesa come unica possibile svolta di prospettiva, i giudici hanno chiarito che la “privatizzazione non diverrà mai effettiva (con conseguenti commistioni e aree di opacità nei rapporti fra società e singoli soci pubblici) fino a quando le società partecipate non riusciranno a garantire una gestione efficiente sotto il profilo economico, basata sull’equilibrio finale dei risultati, senza fare ricadere sui soci pubblici i risultati passivi della gestione”.
Insomma, così non va e non può andare. Mentre i sindacati mettono le mani avanti e in queste ore sollecitano garanzie ai soci per “salvaguardare il capitale umano ed economico” del “Fellini”, parla il presidente della Provincia Stefano Vitali- che a breve verrà sentito dai pm nell’ambito dell’inchiesta penale. Vitali assicura che si farà di tutto per salvare un aeroporto che, grazie ai fiumi di turisti russi fatti approdare in questi anni in riviera, mantiene viva l’economia locale e non solo: “Non si può descrivere la storia di Aeradria come una storia criminale. E’ la storia di una società- è il passaggio di un lungo intervento del presidente- che ha gestito una leva fondamentale di sviluppo per il territorio, spesso in posizione di difesa rispetto alle intenzioni di area vasta, facendo leva pressoché esclusivamente sull’apporto degli enti pubblici locali. Quegli enti pubblici che, in un passato lontano e recente, hanno più volte stimolato una partecipazione più robusta da parte del privato, ricevendo- è la frecciata- risposte quantomeno tiepide, costringendo a perpetuare un’architettura societaria sempre più finanziariamente debole”.
Tuona ed infierisce sul Pd, il partito a cui Vitali e colleghi sono iscritti, il gruppo consiliare Sel-Fc, tra gli autori degli esposti inoltrati nei mesi scorsi a pm e Corte dei conti sui conti dissestati di Aeradria: “Ma davvero- si chiede il consigliere comunale Fabio Pazzaglia- il Partito Democratico pensa in futuro di bruciare ulteriori quantità di denaro pubblico, più di 2 milioni di euro solo in questo primo fase di legislatura? Pensano davvero che sarebbe un fatto privo di conseguenze per le casse esangui del Comune? Ci corre l’obbligo di ricordare che Provincia e Comune, governati dal Partito Democratico, sono venuti a meno al dovere principale per chi amministra la cosa pubblica, e cioè quello di impiegare risorse della collettività secondo i principi di efficienza, efficacia ed economicità”. Sta di fatto che l’agonia del “Fellini”, appena due giorni dopo la chiusura commerciale dell’aeroporto “Ridolfi” di Forlì decisa da Enac, conferma che per la Romagna gli aeroporti restano un lusso ormai insostenibile.