L'ex sindaco di Roma: "L'errore è stato essere stati troppo poco di sinistra e Matteo deve tenere unito l'elettorato". L'ex rottamatore: "Se io sono il migliore, figuriamoci gli altri! Non siamo in campagna elettorale. Vediamo cosa farà il governo, quella del candidato premier è una questione che si pone dopo”
Veltroni lancia Renzi, Renzi per ora glissa. Mentre il Pd si prepara al congresso (e alle ulteriori relative divisioni) il sindaco di Firenze continua a raccogliere adesioni, anche da coloro che erano finiti nel mirino dell’operazione di “rottamazione“: dopo D’Alema, è il turno di Veltroni. Chissà se è anche per questo che oggi Renzi sembra un po’ pentito di quel termine: “Avessimo utilizzato un’altra espressione – scrive nel suo libro presentato oggi al Salone del Libro di Torino – probabilmente non avremmo avuto la visibilità ottenuta con ‘rottamazione’”, ma “è anche vero che in una comunità come quella italiana, dove il 70 per cento della popolazione è over 40, forse l’impatto è stato eccessivo. Ho impaurito. Dunque ho sbagliato”.
Ad ogni modo per Veltroni, dunque, “oggi Matteo Renzi è sicuramente la persona con maggiori caratteristiche per la premiership. Ma un partito non vive solo di nomi”. Perché proprio il sindaco di Firenze “dice molte delle cose che noi abbiamo detto al Lingotto nel 2007”. Ma alle lusinghe dell’ex sindaco di Roma l’ex Rottamare si schermisce: “Se io sono il migliore, figuriamoci gli altri… – ribatte a In mezz’ora su Rai Tre – Non siamo in campagna elettorale. Vediamo cosa farà il governo, quella del candidato premier è una questione che si pone dopo”. Il sindaco di Firenze e l’ex segretario del Pd sono stati nelle stesse ore a Torino, ma non si sono incontrati. E interpellato su un possibile asse con Veltroni, Renzi ha glissato: “Chieda a Veltroni, che è notoriamente più buono”, dice. Per contro l’ex segretario, alla giornalista che gli riferisce la battuta di Renzi, replica: “Sì, è vero, si sa che sono più buono io”.
Veltroni spiega che a parte scegliere il leader da proporre come capo del governo “bisogna fare uno sforzo ulteriore perché il Pd possa avere la maggioranza nel Paese: bisogna fare un’operazione complessa di tenere insieme la sinistra avendo rispetto dei suoi elettori e conquistare anche gli elettori che oggi votano centrodestra”.
Veltroni: “L’errore? Essere stati troppo poco di sinistra”
L’ex segretario del Pd vorrebbe, dice, “una sinistra che avesse voglia di futuro, che fosse aperta e facesse credere di essere una forza di cambiamento”. E invece “negli ultimi mesi sono stati fatti tanti errori, tra cui rinunciare ad avere l’ambizione di avere la maggioranza nel Paese”. Adesso, rileva l’ex segretario, “la sensazione è che il Pd possa solo essere minoranza nel Paese”. Ma al contrario: “O c’è l’ambizione di avere la maggioranza tra gli italiani o saremo sempre a inseguire gli altri, da Casini a Grillo”. All’Italia, sottolinea Veltroni, occorre una “maggioranza riformista”. Perciò “serve una sinistra che non dica solo no, una sinistra che ritorni a essere cambiamento e non solo conservazione. E per fare questo non possiamo essere una somma di ex Dc ed ex Pci”. Nell’ottica del riformismo e del cambiamento, “se c’è un rimprovero che io faccio è che noi siamo stati troppo poco di sinistra”.
L’ex sindaco di Roma: “Renzi deve tenere unito l’elettorato di sinistra”
Renzi, come candidato alla presidenza del Consiglio, sarebbe stato una “soluzione più carica di capacità innovatrice e apertura, ma non basta neanche quello. Ci vuole profondità e capacità di tenere unito l’elettorato di sinistra – sostiene Veltroni – La sfida del Pd è essere realista e riformista sul piano delle politiche sociali. E molto forte e determinato sul piano dei diritti, come ad esempio sulla legalità su cui oggi non c’è grande attenzione”, aggiunge. “Anche Matteo deve fare i conti con questa esigenza: il giorno in cui avremo raggiunto il punto di armonia, potremo pensare di essere maggioranza. Oggi c’è bisogno sicuramente di facce nuove, non solo per anagrafe, ma per ispirazione e profondità”. E sottolinea: “Le primarie sono finite per essere regolamento di conti tra gli interni, mentre sono state fatte per allargarsi, non per restringersi. Bisogna aprirle il più possibile, stando dentro l’idea di partito non pesante che è l’unico modo in cui i partiti possono sopravvivere oggi. Perché i partiti pesanti vanno a fondo”. Infine un accenno a Grillo: “Se avessimo fatto riforme come il taglio del numero dei parlamentari, lo avremmo neutralizzato”. E ai sindacati: “Devono essere in prima fila nel cercare di tenere insieme lavoratori e imprenditori in un patto per crescita e sviluppo”.
Veltroni rigetta infine l’accusa di aver fatto cadere Prodi con la sua ascesa alla guida del partito: “C’era già stata una crisi di governo e poi c’erano le manifestazioni dei ministri, Bertinotti che parlava di Prodi come figura morente e infine Mastella che ci mise il carico da novanta”. Al contrario, l’ex segretario dice di non aver potuto fare allora rinnovamento nel Pd perché al governo c’erano molti suoi esponenti e “un minuto dopo sarebbe caduto Prodi”. Quanto a un eventuale asse con l’ex rottamatore per la candidatura alla segreteria del Pd di Sergio Chiamparino, per l’ex sindaco di Roma “non c’è bisogno di fare assi. Chiamparino è una persona di primissimo livello. Ma non è un problema di assi. Piuttosto, non è più il momento di dividersi ulteriormente e convivere con la struttura correntizia che ci ha portato fin qui”. Secondo Veltroni “Sergio è una delle risorse migliori di cui gode la sinistra italiana”. Infine la speranza che Romano Prodi non lasci il partito: “Lui ed io abbiamo creduto dall’inizio al Partito democratico”.
Renzi: “Grazie Veltroni, ma non è il momento”
Dal canto suo Matteo Renzi ringrazia Veltroni “ma in questo momento non siamo in una fase di campagna elettorale. Siamo in una fase in cui il Parlamento ha dato la fiducia a un governo e io da italiano spero che il governo faccia il più possibile. Soltanto dopo ci porremo il tema del candidato premier. Non è questo il momento. Non per me, almeno”, conclude Renzi. Ma assicura che “arriverà un momento in cui ci rimetteremo in gioco. Fino a quel momento non sono preoccupato di cosa faccio da grande. Il mio problema non è la poltrona, mi interessa l’Italia”. Il sindaco di Firenze nega di aver perso tante battaglie nel Pd e afferma di essere stato sconfitto solo in quella, fondamentale, per le primarie. “Ho perso una battaglia, quella per le primarie. L’unica che valeva, il resto è secondario”.
Secondo Renzi “c’è da lanciare una grande scommessa sul recupero dei voti dei M5S”. Una sfida che, secondo il sindaco di Firenze, è resa più percorribile anche da come si stanno comportando i grillini in Parlamento. “Sono rimasto sconvolto che il M5S è rimasto sulla sua posizione sulla fiducia, sui presidenti delle Camere, tranne qualcuno, e pure sul presidente della Repubblica. Dopo di che, l’unica volta che va contro l’opinione di Grillo è sugli scontrini e la diaria, sui soldi”.
Verso il congresso: candidature e (tante) correnti
In questo clima di apparente cordialità si inserisce però il lavoro delle correnti – che pure resistono – in vista del congresso. Epifani ha dichiarato guerra alle divisioni interne, chiedendo a tutti uno “scatto di responsabilità”. Nel Pd nessuno ammetterà di far parte di una corrente, al più c’è chi parla di area interna. Però anche l’ultima assemblea ha consegnato una immagine della geografia interna composita e sempre in movimento. Innanzitutto le variabili legate alle candidature alla segreteria. Quelle già avanzate (Cuperlo, Gianni Pittella), quella in sospeso (Sergio Chiamparino) e quelle che potranno venire (Matteo Renzi, Guglielmo Epifani, Fabrizio Barca). Tutti nomi capaci di riavviare un veloce e profondo rimescolamento interno al momento in cui bisognerà scegliere il nuovo leader democratico.
Gli ultimi arrivati sono i ragazzi di OccupyPd che hanno fatto irruzione all’assemblea. Non strutturati, hanno alcuni dei loro componenti che si sono fatti vedere un po’ di più in tv: Diego Sarno oppure la giovane Ludovica Cioria, che ha letto il documento in assemblea. Gli OccupyPd hanno fortemente attirato l’attenzione dei media negli ultimi giorni e si sono “annusati” soprattutto con l’area trasversale degli eletti under 35 e con qualche deputato già dotato di una certa visibilità come Pippo Civati. Non c’è una vera e propria area dei “civatiani”, però il movimentismo dell’ex consigliere regionale lombardo si fa notare da tempo e potrebbe unire gli Occupy e altri democratici vicini per ragioni anagrafiche e politiche, a partire dalla critica alle larghe intese. Come Laura Puppato.
A queste ultime due aree guardano di volta in volta, appunto, soprattutto i ragazzi-deputati Pd, che hanno soppiantanto quelli che una volta erano i TQ, gli amministratori. Sono davvero tanti e hanno già preso qualche iniziativa unitaria come la lettera sui giovani firmata, tra gli altri, da Francesca Bonomo, Giulia Narduolo, Lia Quartapelle, Anna Ascani, Veronica Tentori, Miriam Cominelli, Enzo Lattuca, Giuditta Pini, Liliana Ventricelli. Molti di loro, in realtà, hanno delle correnti di riferimento e sono anche stati accusati più o meno velatamente (fu Pierluigi Bersani a parlarne per primo) di animare consapevolmente o no una sorta di corrente 2.0 nel Pd, perché troppo influenzabili dalla rete. Accuse rimandare al mittente, ma anche lo stesso Renzi, sempre in Assemblea, toccò l’argomento: “Più che i 140 caratteri conta il vostro di carattere: siate leader, non follower”.
Però è guardando nelle classiche divisioni interne al Pd che si trovano le differenze più marcate e radicate, fino al limite dell’atomizzazione. Si sono perse le tracce dei TQ, gli amministratori locali trenta-quarantenni aggregati dal presidente della provincia di Pesaro-Urbino Matteo Ricci. In compenso, dopo l’addio alla segreteria l’area di riferimento di Bersani si è definita: uomini come Davide Zoggia, Nico Stumpo, Enrico Rossi, Claudio Martini. Qualcosa di differente e più dinamico rispetto al “tortello magico” formato da Maurizio Migliavacca, Vasco Errani e Miro Fiammenghi. Ovviamente in grande ascesa ci sono i renziani, con i neo parlamentari che ovviamente hanno acquisito visibilità: Dario Nardella, Simona Bonafè, Matteo Richetti, Luca Lotti, Francesco Bonifazi oppure il neoministro Graziano Del Rio.
Attivissimi nella stagione congressuale sono i giovani turchi come Orfini, Fassina, Francesco Verducci, Silvia Velo. Ovviamente, con Enrico Letta a Palazzo Chigi, hanno preso quota i “lettiani” del partito: Paola De Micheli, Francesco Boccia, Alessia Mosca. Beppe Fioroni guida da sempre l’agguerrita pattuglia dei popolari, attiva almeno quanto quella dei franceschiniani ringalluzzitìdalla nomina del loro leader ministro: Marina Sereni, Antonello Giacomelli, Ettore Rosato, solo per citarne alcuni. E se i dalemiani battono sempre un colpo (Enzo Amendola, Ugo Sposetti, Gianni Cuperlo, Roberto Gualtieri), non mancano gli esponenti dem che fanno riferimento a Rosy Bindi (Margherita Miotto, Giovanni Burtone) e ovviamente a Walter Veltroni (come Walter Verini). Sugli scudi, dopo le turbolente vicende dell’elezione del presidente della Repubblica, sono i prodiani del partito: Sandra Zampa o Sandro Gozi, molto polemici specie dopo le indiscrezioni sull’intenzione del professore di non ritirare la tessera del 2013. Legate poi alle Comunali a Roma sono le vicende di quello che resta dell’area che ruotava intorno a Ignazio Marino (Michele Meta, Roberto Morassut): da candidato sindaco Marino ha avuto tra l’altro l’appoggio di Goffredo Bettini, pronto a dare battaglia anche al congresso e capace di riunire un’area trasversale e ampia come ha fatto qualche giorno fa alla presentazione del suo libro dove c’erano da Paolo Gentiloni a Gianni Cuperlo, passando per Nicola Zingaretti e Marianna Madia.