“Io penso, lo pensiamo tutti qui alla procura di Caltanissetta, che Paolo Borsellino abbia registrato sull’agenda quegli incontri di Cosa Nostra, attraverso Vito Ciancimino, con rappresentati delle istituzioni… Sì, la trattativa”. Il procuratore capo di Caltanissetta, Sergio Lari, a la Repubblica offre la riflessione di tutti gli inquirenti sul mistero dell’agenda rossa del magistrato massacrato con la sua scorta il 19 luglio del 1992. E per continuare in questa corsa a ostacoli per cercare la verità sulla strage di via d’Amelio ha convocato una riunione della Direzione distrettuale antimafia per discutere delle immagini pubblicate nei giorni scorsi in cui si vede un oggetto rosso sull’asfalto dopo l’esplosione. Gli inquirenti dubitano che quell’oggetto, accanto al corpo dell’agente Emanuela Loi, possa essere il taccuino del magistrato.

Inquirenti Dda e investigatori Dia hanno fatto oggi il punto sulle novità: sarà la polizia Scientifica di Roma ad avere una delega per eseguire degli accertamenti sull’oggetto che si vede nel filmato. Che appare di minor spesso rispetto alle dimensione dell’agenda da cui Borsellino non si separava mai e che in molti, compresi i figli dio Borsellino, pensano sia stata trafugata.

“Sull’agenda rossa da una parte seguiamo gli sviluppi dibattimentali del quarto processo Borsellino – fra qualche giorno ascolteremo per esempio testimoni chiave come il consigliere Giuseppe Ayala – e dall’altra ci sono spunti investigativi che non abbiamo mai abbandonato. E’ materia segreta e non ne posso parlare” ragiona Lari. Di certo, “se avesse avuto l’agenda in mano quel diario sarebbe andato in cenere; nell’esplosione si sono liquefatte perfino le armi dei poliziotti di scorta… ma se l’agenda l’ha lasciata nell’auto blindata o dentro la borsa, gli scenari che si aprono sono altri e tanti…”. Stessa convinzione del pm di Agrigento Salvatore Vella è “veramente difficile pensare che l’esplosione che gli strappò via braccia e mani risparmiò un’agenda di carta”.

Un altro tassello da incastrare nel grande mosaico dell’inchiesta è l’identità dell’uomo con i pantaloni chiari che, nel video girato dai vigili del fuoco, sembra tentare di coprire l’oggetto rosso con un pezzo di cartone. Chi è quell’uomo? E perché si aggira tra i resti di Borsellino indisturbato. L’ispettore Giuseppe Garofalo, in una testimonianza resa agli inquirenti, aveva raccontato di aver visto un uomo “in abiti civili” aggirarsi sulla scena della strage, poco dopo la deflagrazione. Garofalo fermò quell’uomo chiedendogli cosa ci facesse nella zona. “Sono dei Servizi” gli rispose quell’uomo, che ancora oggi è rimasto senza volto. Anche se avanza l’ipotesi che possano esserci immagini e fotografie che lo riguardano e che permetterebbero l’identificazione. Gli inquirenti vogliono sapere chi e interrogarlo; potrebbe essere un fotograto della polizia o dei carabinieri o almeno è questa la prima pista che viene seguita.

”Devo dire, per un problema di coscienza, a distanza di 21 anni, che quando sono arrivato sul posto della strage, c’erano almeno quattro, cinque uomini dei servizi. Avevano la spilletta del Ministero dell’Interno. Era gente di Roma e non capivo che cosa facevano. Ma sono certo, perché li conoscevo” ha detto deponendo al processo quater sulla strage di via D’Amelio, in corso di svolgimento davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta il sovrintendenti di polizia Francesco Maggi, che intervenne sul luogo dell’agguato. “Sono arrivato – ha aggiunto – quasi subito, ma le fasi erano molto concitate. Vidi i corpi dilaniati, una cosa che mi ha segnato. Non c’era più niente da fare, ma ho notato che c’erano gli uomini dei servizi segreti. E ancora oggi non mi spiego come fossero sul posto e chi li avesse avvisati in così poco tempo”. Alla domanda del Pm se conoscesse i loro nomi il teste ha risposto: “Quella è gente che non dà confidenza e poi non potevo chiedergli cosa facessero lì”.

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