Dopo l’acquisto del marchio da parte di Bmw sei anni fa e, a marzo, il passaggio alla Pierer Industrie AG di proprietà del ceo della Ktm, la casa motoristica varesina costretta a delocalizzare. Dal primo giugno la stragrande maggioranza dei 240 operai saranno in cassa integrazione pagata dallo Stato italiano
“Un’operazione di saccheggio industriale”. Così il delegato della Fiom-Cgil dello stabilimento di Cassinetta di Biandronno (Varese), dove da più vent’anni si producono le celebri moto Husqvarna, definisce la decisione della nuova proprietà austriaca di trasferire la produzione fuori dall’Italia. Domani, mercoledì 22 maggio, presso la sede del ministero dello Sviluppo economico a Roma, si terrà la riunione decisiva per il futuro della fabbrica, cui parteciperanno governo, Rsu, sindacati, e rappresentanti della nuova proprietà. Il rischio, più che concreto, è che dal primo giugno ben 212 dipendenti dei 240 totali entreranno in cassa integrazione straordinaria. E che un altro stabilimento simbolo della qualità del Made in Italy sia costretto a chiudere, con la crisi di tutto l’indotto e con la beffa che sarà il governo italiano a pagare la cassa integrazione per coprire la fuga della nuova proprietà.
Comprata nel 1987 dalla Cagiva, la Husqvarna si è affermata come prodotto italiano di qualità. E così è rimasta anche dopo l’acquisto del marchio da parte di Bmw sei anni fa. Poi quest’anno, a marzo, la decisione della casa automobilistica tedesca di vendere a Pierer Industrie AG di proprietà di quel Stefan Pierer, che è ceo della Ktm, marchio austriaco di moto in diretta concorrenza con Husqvarna. Da subito il piano industriale di Pierer è sembrato quantomeno ambiguo, e le rassicurazioni di mantenere lo stabilimento varesino, che produce circa 10mila moto ogni anno, assai deboli. La settimana scorsa l’annuncio che la nuova gamma di Husqvarna, presentata il prossimo ottobre, sarà prodotta a Mattinghofen: la sede austriaca di Ktm, dove verrà costituita la società Husqvarna Motorcycle Gbmh.
Da qui le critiche della Fiom. “Un’operazione inaccettabile, certamente pianificata prima dell’acquisizione”, ha detto il responsabile del sindacato metalmeccanici Giovanni Cartosio, che ha poi aggiunto “Noi siamo disponibili a discutere di una ristrutturazione, anche pesante, ma in una prospettiva industriale. Ci vuole qualcuno con un po’ di autorevolezza che spieghi a questi signori che non possono comportarsi cosi”. Ora il neo ministro Zanonato avrà una bella gatta da pelare: Husqvarna non è la prima e non sarà l’ultima azienda italiana vittima delle delocalizzazioni, ma potrebbe diventarne un triste simbolo. Non solo cassaintegrazione straordinaria a spese del governo, la conseguente macelleria sociale prodotta nel territorio, ma anche la dispersione di professionalità di primo livello.
Sul tema è intervenuto anche il consigliere regionale del Pd Alessandro Alfieri, che ha detto: “Un altro caso di rilocalizzazione fuori dal territorio lombardo che è l’ennesimo caso di depauperamento di una comunità e di decine di professionalità. Quello della Husqvarna che se ne va in Austria è l’ultimo episodio di una serie di aziende che, trasferendo la produzione, hanno impoverito negli ultimi mesi l’economia lombarda, portando a quella che è stata già definita come ‘desertificazione industriale’. Regione Lombardia deve definire meccanismi di disincentivazione alle delocalizzazioni produttive, anche attraverso l’individuazione di vincoli riguardanti la ridestinazione d’uso dei terreni di siti produttivi”. La palla passa ora al ministero per lo Sviluppo economico, che deve definire i suoi rapporti con la curiosa idea di libera concorrenza che ha l’Europa.