“Si vedeva a occhio nudo che l’equilibrio politico post elezioni era molto fragile. Fin dalla campagna elettorale il rischio di incartarsi tornare a votare presto, era concreto…”. Non si stupisce Elisabetta Gualmini, di come spesso noi cittadini, elettori e anche giornalisti ci stupiamo di ciò che era prevedibile. Conosce l’Italia e gli italiani, e non solo perché li studia.
Docente ordinario di Scienza Politica all’università di Bologna e Presidente dell’istituto Carlo Cattaneo, l’incontro con Elisabetta Gualmini è un’ottima occasione per tastare il polso della politica italiana e provare a formulare una diagnosi circa il suo stato di salute.
Per quanto riguarda la cura, il paziente deve darsela da solo…
Siamo dunque arrivati a ciò che tutti sapevamo ma che da tutti veniva negato: la grande coalizione
“All’instabilità si prova a rispondere con la “grande coalizione” che però sembra scontentare tutti, chi vi partecipa e chi ne è rimasto fuori… Non grido allo scandalo se PD e PDL governano insieme, purché questo sia un governo di scopo. Un viaggio a tempo determinato che si prefigga rapidamente tre obiettivi raggiunti i quali si torni alle urne. Il primo è fare la legge elettorale, al limite – come suggerisce inascoltato Grillo – tornando al sistema elettorale precedente (cosa che può esser fatta in una settimana con legge ordinaria) . Ma si stanno già incartando dicendo che prima bisogna fare la riforma costituzionale, cosa a cui fatico a credere e vedo dunque il rischio di rivotare con questa legge”.
Gli altri due punti?
“Abolizione delle province, un provvedimento cui mancava l’atto finale, è rimasto sospeso dopo le dimissioni di Monti e una legge di carattere generale sull’emergenza lavoro, magari ragionando sull’incentivazione delle imprese per aiutare la crescita. Aggiungo poi, a proposito di un tema caldo come l’IMU, che secondo me il PD avrebbe dovuto tenere salda la barra sulla progressività, far pagare di più o di meno in proporzione ai redditi”.
Venendo ora alle opposizioni, lei non era una degli “stupiti” per il successo dei Cinque Stelle…
“Il Movimento Cinque Stelle è stata una sorpresa solo per chi dormiva, perché ritengo che la sua affermazione fosse abbastanza prevedibile, sia per l’incapacità della politica tradizionale di leggere la realtà che per l’abilità di Grillo nell’occupare questo spazio/malcontento”.
E dopo le elezioni come si sta muovendo Grillo?
“Grillo ha attraversato diverse fasi, per esempio dal momento in cui sono entrati in parlamento ad oggi, sono successe diverse cose. La prima fase è stata quella del no al PD che, dal punto di vista dei Cinque Stelle, era anche coerente e del tutto comprensibile con i propri scopi. Non mi spiego, semmai, perché il PD si sia ostinato a cercare un loro consenso che, con quei determinati presupposti, non era possibile. Poi, in una seconda fase, Grillo è diventato molto più presente e anche la sua leadership è cambiata. Ha compreso che non poteva gestire tutto dal web e mi sembra si sia speso, anche in termini di presenza fisica, con più intensità”.
Di certi malumori interni o addirittura delle espulsioni che ne pensa?
“Che tutto sommato Grillo è stato chiaro fin da subito. Teniamo conto che questi parlamentari senza di lui non sarebbero andati da nessuna parte, hanno aderito ad un movimento che aveva determinate regole e dunque, senza perdere ovviamente la possibilità di parola, a queste regole si devono adeguare”.
Alcuni commentatori sostengono che la truppa grillina potrebbe assottigliarsi, subire defezioni…
“Magari, per la legge dei grandi numeri, potrà pure esserci qualche parlamentare in uscita ma per me lo zoccolo duro dei Cinque Stelle tiene. Teniamo conto che, tutto sommato, in questa confusa situazione politica Grillo è arrivato in piedi e sta facendo quello che vuole fare: opposizione”.
Per il Movimento, Bologna è stata una città chiave, forse addirittura una culla. La nostra città è ancora così “centrale” all’interno dei meccanismi Cinque Stelle?
“No, Bologna non è più così importante come lo è stata all’inizio. Teniamo conto che il rivale vero del Movimento alla sua nascita era il PD, lo disse Favia stesso se ben ricordo. Il PD era la forza egemone di queste zone e i grillini hanno iniziato proprio dall’Emilia Romagna ad erodere i voti del PD, l’assedio al centrosinistra è partito da qua”.
E se vincessero le prossime elezioni?
“Grillo è stato utile per dare il via al collasso dei partiti tradizionali ma non penso potrà vincere le elezioni. Se le vincesse sarebbe comunque in grado di contornarsi di esperti che possano arrivare a formare un ipotetico governo, ma non credo che lui o i suoi parlamentari abbiano ancora le capacità e le competenze per gestire appieno una complessità politica come la nostra. Fra l’altro se i partiti tradizionali riusciranno a cambiare leader e facce, il movimento penso si ridimensionerà e tornerà all’8-9% facendo ciò che vuole fare, l’opposizione”.
Quale sarà il prossimo “boccone” (partito tradizionale) il cui elettorato verrà addentato dai Cinque Stelle?
“Mi pare che ultimamente Grillo si stia ricalibrando verso sinistra, tornando vicino alle posizioni radical libertarie della sinistra estrema, e se così sarà il suo prossimo boccone si chiama Sel”.
Se crede parliamo del PD che ha presentato la proposta di legge “anti – movimenti” che potrebbe diventare, in questo momento, un autogol…
“La proposta di legge riprende un disegno di legge già presentato nella scorsa legislatura (a firma Bersani, Misiani, Castagnetti. Vassallo) e un tema, quello dell’attuazione dell’art. 49 della Costituzione trattato più volte da Bersani in campagna elettorale. L’idea, sacrosanta, e’ quella sulla base della legge tedesca sulla democrazia interna dei partiti, di introdurre delle regole per la vita interna dei partiti in modo che i rappresentati e gli iscritti siano garantiti nei loro diritti di rappresentanza e non governati da oligarchie o da organismi poco chiari e senza controlli ad esempio sull’uso dei rimborsi pubblici. Non si capisce però perché la proposta Zanda/Finocchiaro salti fuori oggi, in maniera del tutto intempestiva e soprattutto quando non ha nulla a che vedere con gli obiettivi del governo Letta. Quindi un’ulteriore azione di disturbo ad un esecutivo che sta cercando di fare il possibile in un contesto delicato. In più se si va verso l’abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti, molte delle norme risulterebbero inutili…”
Anche alla luce di questo, com’è lo stato di salute del PD?
“Penso che basti osservare la faccenda della candidatura Prodi, come questa cosa sia stata gestita in maniera indecente per constatare il fallimento della sua classe dirigente. Una classe dirigente che è riuscita a farci prospettare prima delle elezioni alleanze con Monti, subito dopo il voto cercavano Grillo e sono finiti a governare con Berlusconi. Così come il resto della politica tradizionale, il PD non ha scelta e deve cambiare volti e metodi. Nello specifico deve salutare il gruppo dirigente che lo ha portato a questa situazione anche se per il momento non mi sembra ci siano le condizioni per questo rinnovamento. Da Renzi attendiamo cenni e per quanto riguarda Epifani penso sia un traghettatore verso il congresso e che sia gradito a Bersani, Letta e Franceschini. Ripeto, vedremo che farà Renzi ma ad oggi, e questo all’elettore del centrosinistra pesa, l‘agenda la detta Berlusconi che fra l’altro è stato quello con la linea politica più coerente (governo di emergenza nazionale proposto sin da subito)”.
Ecco, Berlusconi farà cadere il governo?
“Non sono così certa che Berlusconi voglia andare a votare perché è vero che nei sondaggi cresce, ma lui sa che la crescita è dovuta al fatto che gli elettori tendono a premiare la condotta responsabile. Io penso che le sue vicissitudini giudiziarie precedenti avrebbero già dovuto indurlo ad un passo indietro, ad ogni modo gli sviluppi dei suoi processi però prima o poi un conto lo presenteranno, già sento riparlare, ad esempio, della legge Alfano sulle intercettazioni. Berlusconi potrebbe anche dire andiamo a votare (lui si candirebbe alla Camera) con questo sistema elettorale e a quel punto la giunta sull’ineleggibilità, poiché si vota camera per camera, avrebbe la possibilità di salvarlo”.
In tutto questo trambusto, come mai i mercati finanziari non ci “attaccano”?
“I mercati finanziari non si sono ribellati perché Monti, soprattutto nella prima fase, ha ben lavorato. Noi tendiamo a dimenticarci in che situazione eravamo”.
Veniamo a Bologna, alla vecchia storia del “laboratorio politico”… Siamo ancora questo?
“No. Bologna sta attraversando una fase di ripiegamento. Da un lato vedo l’eterno lamento della crisi e dei tagli, ma dall’altro lato una spaventosa mancanza di visione politica che sinceramente mi preoccupa. Bisogna inventarsi, uno slancio in più per comprendere il presente. Un cambio di sguardo”.
Un esempio?
“Il referendum sul finanziamento alle paritarie. Quel dibattito ci riporta tristemente al passato, coi soliti due fronti che si combattono in una sorta di guerra “religiosa” nella quale l’ideologia prevale a scapito del pragmatismo. E se vuole saperlo, nel caso specifico, io sono contraria al taglio del contributo alle paritarie, lo riterrei un clamoroso autogol nei confronti del principio di realtà”