Ad accendere la speranza sono i risultati positivi pubblicati sulla rivista Nature dai ricercatori del Centro americano per la ricerca sui vaccini. Il problema di quelli tradizionali è la loro perdita di efficacia. Un altro punto a favore del nuovo ritrovato è la sicurezza poiché viene ottenuto ricombinando due 'pacchetti' di geni. Per ora sperimentato sui furetti
Inseguito da decenni, il sogno del vaccino jolly attivo contro i diversi ceppi del virus dell’influenza non è mai arrivato così vicino alla realtà. Ad accendere l’ottimismo sono i risultati positivi pubblicati sulla rivista Nature dai ricercatori del Centro americano per la ricerca sui vaccini dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive (Niaid) dei National Institutes of Health (Nih).
Il vaccino è stato sperimentato sui furetti, gli animali di riferimento nella ricerche sui vaccini anti-influenzali e la cui risposta è ritenuta molto simile a quella umana. Nei test condotti finora lo stesso vaccino è riuscito a contrastare i virus influenzali del ceppo H1N1 circolati nel mondo per oltre 70 anni, dal 1934 al 2007. Secondo gli autori il risultato potrebbe aprire la strada a una nuova generazione di vaccini in grado di colpire altri virus influenzali emergenti e altri patogeni. Per avvicinarsi al traguardo di un vaccino capace di contrastare un virus mutevole e imprevedibile come quello dell’influenza è stato necessario abbandonare le tecniche tradizionali di ricerca e di preparazione dei vaccini e spostarsi nei laboratori di nanotecnologia.
Il punto di partenza dei ricercatori è stata la struttura della proteina che da sempre è uno dei principali bersagli del virus dell’influenza: l’emoagglutinina. Quest’ultima è infatti una delle due molecole principali che si trovano sulla superficie del virus e che gli servono per agganciarsi alla superficie delle cellule per infettarle. Neutralizzarla significa perciò avere un’arma importante contro il virus.
I ricercatori guidati da Masaru Kanekiyo, in collaborazione con un gruppo di una azienda farmaceutica, hanno “smontato” l’emoagglutinina e l’hanno letteralmente ‘incastrata’ nella struttura di una seconda con una proteina capace di auto-assemblarsi, chiamata ferritina. Il risultato è stata una nanoparticella che si è auto-costruita assumendo una struttura particolare: dalla sua superficie emergono otto ‘speroni’ e che, affermano i ricercatori, riesce a stimolare una risposta dieci volte più potente rispetto a quelle ottenute finora. Stimola infatti la produzione di anticorpi contro almeno due strutture dell’emoagglutinina straordinariamente ben conservate nel tempo e presenti in molti ceppi dei virus influenzali.
Il problema dei vaccini tradizionali è la loro rapida perdita di efficacia: devono essere rinnovati ad ogni stagione per riuscire a seguire le trasformazioni dei virus influenzali, capaci di dare origine a nuovi ceppi imprevedibili. Un altro punto a favore del vaccino jolly è la sicurezza. Poiché viene ottenuto ricombinando due ‘pacchetti’ di geni (quelli dell’emoagglutinina e quelli della ferritina), il vaccino è più sicuro dei vaccini tradizionalmente prodotti coltivando i virus in uova o colture cellulari.