C’è un motivo se i leader politici – diciamo i segretari di partito – non hanno mai incarichi parlamentari rilevanti: non hanno tempo. Anche Guglielmo Epifani, segretario del Pd da due settimane, non ha un minuto: tra giri per l’Italia in vista delle amministrative di domenica, convegni, seminari, caminetti di partito e quant’altro non gli resta tempo che per qualche fugace visita a Montecitorio, dove è entrato per la prima volta quest’anno dopo una vita in Cgil.

C’è il problema che il traghettatore Epifani non ha mollato la poltrona di presidente della commissione Attività produttive della Camera: d’altronde deve restare al partito solo fino al congresso – ottobre, pare, ma forse dicembre o gennaio si diceva ieri in Transatlantico – e poi verrà restituito alla sua vita e il nostro giustamente si preoccupa che sia confortevole e importante com’è sempre stata negli ultimi anni.

Peccato che nel frattempo la sua non secondaria commissione sia sostanzialmente in coma: in due settimane s’è riunita una sola volta, sotto la presidenza del berlusconiano di rito scajoliano Ignazio Abrignani, in questi giorni peraltro impegnato a redigere il ddl che punisce col carcere chi contesta manifestazioni politiche tipo il comizio di Silvio Berlusconi a Brescia.

In verità, se vogliamo essere giusti, le riunioni della commissione di Epifani sono state due: martedì 14, infatti, i nostri baldi rappresentanti si sono visti nientemeno che per incontrare i colleghi della commissione Affari commerciali del Parlamento finlandese.

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