Società

Cécile Kyenge. L’indifferenza di chi è nel giusto

In un Governo che avrebbe reso Cencelli particolarmente fiero del suo manuale, l’unica che mi è stata istintivamente simpatica (sono pieno di pregiudizi, lo so) è stata il ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge.

Ha citato, in una delle sue prime interviste, tra le persone che hanno significato tanto per lei, la dottoressa dello Zimbabwe Elisabeth Tarira. Ne avevo scritto qualche tempo fa: ho avuto il privilegio di conoscere questa donna magnifica scomparsa a luglio dello scorso anno e di osservare sbigottito come, nell’arco di pochi anni, avesse trasformato un ambulatorio fatiscente nel cuore dell’Africa in un moderno ospedale che salva migliaia di vite ogni anno.

La mia stima è aumentata quando ci ha ricordato che “di colore” è una pessima definizione politicamente corretta ma enormemente sbagliata (“Sono nera, punto”). Non ha strumentalizzato i soliti episodi di imbecillità negli stadi (“Bisogna essere lucidi per capire quando si parla di razzismo, quando di sport e di una sconfitta sportiva, quando di altre motivazioni”).

Insomma, diciamocelo: in un Paese bizzarro come il nostro è davvero un’anomalia una persona che conosce così bene la materia del Ministero di cui è a capo. Una persona misurata non solo nelle parole ma, incredibilmente, negli atti.

Vi sarà sicuramente capitato di vedere il video in cui è protagonista con il signor Alessandro Morelli, capogruppo leghista di Palazzo Marino a Milano.

Il video, praticamente ovunque, è stato presentato con titoli tipo: “Milano, il ministro Kyenge non stringe la mano al capogruppo leghista”.

A parte il fatto che, se così fosse, mi pare che la Kyenge (a cui l’epiteto più carino rivolto da molti esponenti del Carroccio è stato bingo bongo) avesse i suoi buoni motivi per non dimostrare alcuna cordialità. Ma le cose non sono andate affatto così.

Il ministro sta facendo alcune foto, quando un ragazzo in borghese si avvicina e viene fermato da uno degli uomini della sicurezza (anche qui qualche timore per il gesto di uno squilibrato ci poteva stare).

Il Morelli si qualifica (“sono il capogruppo della Lega Nord al Consiglio comunale”). Dichiara che “vuole solo stringere la mano”, che “è un cittadino nato a Milano, nel Castello Sforzesco” (sic), che “la vorrebbe invitare a visitare il Castello Sforzesco e a conoscere la nostra storia”, che “avrebbe voluto ragionare sullo ius soli”.

E’ singolare che chi si voleva pulire il culo col tricolore, che si dichiara padano e non italiano (e la Padania ha lo stesso status giuridico di Topolinia, le Terre di Mezzo o l’Isola che non c’è, ricordiamocelo), tutto a un tratto si riscopra fieramente nazionalista.

“Me ne faccio una ragione” dice Morelli in continuazione.
Bravo, fattene una ragione.
Noi, invece, una ragione, di comportamenti e parole così ostentamente provocatori non ce la facciamo.

E la riprova è nel fatto che, grazie a 130.000 italiani che hanno firmato la petizione su change.org, Borghezio sia stato sospeso dall’Eurogruppo a Bruxelles.

Detto questo: Morelli, a Roma diciamo, “nun ce prova’”.
Volevi, e l’hai ottenuta, un po’ di visibilità e provocare una reazione (stizzita, arrabbiata, tutto andava bene) del ministro.
La Kyenge non nega la stretta di mano. Ti ignora. E’ differente.
Non ti degna di uno sguardo.

Perché la sua indifferenza è il miglior modo di disprezzarti.